Stavo aspettando, che il rosso divenisse verde o piaga e denso pus e suppurasse e mai più fosse bianco, fermo in attesa di attraversare la strada, ed ecco che il mio occhio anabasilico era stato catturato dal contenuto di un volantino in parte svolazzante e in parte attaccato con lo scotch a un palo. Oltre al solito fritto misto di email, sito web e associazione di lamentosi queruli sullo stato precario della Fondazione, ecc, il centro dello spazio del foglietto era occupato da una citazione, testuale e stravolta, di due versi della Divina Commedia; questi, estrapolati dal luogo (Inferno) e dal dannato di turno (Ulisse):
Fatti non foste(r)
per viver come bruti
ma per seguir virtute e conoscenza
Il batrace che aveva partorito la spiritosa battuta forse sta ancora ridendo su un sasso del torrente Mugnone. Una mano professorale (forse di un commissario di maturità in pausa pranzo?) dotata di pennarello nero, aveva corretto il “per” in “a”, pur valutando nell’insieme giusto e spiritoso il testo.
Io invece, meno che alla ortografia vorrei pensare un po’ più al senso di “Fatti non foste(r)”; che è una battuta?
Com’è che provo sempre più affinità con il mio cane boxer che la mattina alle 6 si sveglia e canta, cioè gioca con la palla di corda nuova, la prende in bocca e la fa saltare in aria e poi... basta, il gioco è tutto lì, non è difficile, si deve solo provare, provare e provare (un po' come scrivere). Scusate, se il gioco vi sembrerà puerile e da poco, ma almeno (il cane) non se ne sta a gonfiarsi di sé su un sasso del torrente Mugnone o dietro una cattedra. Ma, probabilmente, i casi personali non convincono né commuovono il lettore distratto e occasionale e dunque non resta che citare il maestro…
Tutte le volte che a questi viene presentato qualcuno di nome Terry, essi brillano come il sole che spunta improvvisamente da dietro una nuvola e dicono: “Non voglio farti niente, non essere così terrificato!” e poi quasi muoiono dal ridere starnazzando per quel piccolo uovo marcio che hanno covato. Perché non viene loro in mente che in realtà Terry lo ha visto deporre tutti i giorni da quando è nato? Twain… Twain… come era il suo nome? Mike, penso fosse Mike, ma è passato tanto tempo, secoli da quando ne sentivo parlare in quel mondo quasi dimenticato in cui abitavo; lessi anche i suoi libri ma non ricordo di cosa parlassero, dunque… no, non era uno scrittore, era un pittore o agricoltore… agri… si era un agricoltore. Me lo ricordo perfettamente adesso. […] una volta […] gli fu presentato uno straniero che, splendente come il sole che spunta da dietro una nuvola, esclamò: “Aha! Ah-ah-ah! Se un uomo ti chiede di andare con lui per un miglio, va’ con lui, Twain!”
Ovvio, è Mark Twain (“3000 anni fra i microbi”, 1906, ed. Feltrinelli), un secolo prima di Eugenio Scalfari e la fine dell'ETA’ MODERNA, e - soprattutto - qualche anno avanti all’Ulisse di Joyce.
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venerdì 25 giugno 2010
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