venerdì 5 dicembre 2008

Kim and the Tramp

Correva l’anno 1846, e forse era una notte buia e tempestosa quella che vide per la prima volta nella storia di Firenze accendersi i lampioni a gas in una via dell'Oltrarno (per la cronaca Via Maggio). In illo tempore valeva il detto patti chiari amicizia lunga, e tra i patti che la Società erogatrice del gas doveva rispettare c’era quello che “si potesse leggere la Gazzetta di Firenze alla distanza di braccia 17 a 22 dalla fiammella del gaz” (1).
Molti fiorentini vollero fare la prova di persona (la Gazzetta quel giorno fu ben presto esaurita), e lo stesso Granduca Leopoldo II fu visto leggere una lettera sotto un lampione a gas. E’ facile, grazie a Wikipedia, risalire al valore del braccio fiorentino, che corrisponde a 0,583 metri, ne consegue che in Via Maggio già dall’anno 1846 si poteva leggere il giornale - o bere una gazzosa - alla distanza di almeno nove metri da un lampione a gas (anche se a questo punto una domanda sorge spontanea: quanti lampioni a gas furono piantati in Via Maggio in quell’anno memorabile?).
E per risparmiare il gas, e contemporaneamente controllare il bene operato della Società erogatrice del gas, il Comune decise di tenere spenti i lumi nelle notti di luna piena e di compilare un orario dell’accensione ed estinzione delle lanterne basato su una tavola del sorgere e tramontare della luna in loco, con una precisione tale che richiese il pagamento di Lire 80 ad un signore addetto all’Osservatorio delle Scuole Pie (strano ma vero, non fu istituita nessuna Commissione da sostituire successivamente con una Sotto-Commissione di controllo della prima).

Altri tempi, oggi usa illuminare le strade a lampioni alterni: uno acceso, uno spento (quello spento potrebbe anche essere finto). Vedi i vagabondi portatori di cani al guinzaglio nelle gelide mattine d’inverno muoversi a scatti tra la luce e l'oscurità, un'oscurità abbacinata dal barbaglio di luce persistente sulle retine degli occhi. E immersi in questa nebbia ottica tirano via e poi rallentano e di nuovo tirano via, nel tentativo quasi sempre disperato di far defecare il cane in prossimità di un lampione acceso (entro una distanza di braccia 17 a 22).

(1) G. Conti, Firenze Vecchia, 1899 (Giunti Marzocco, ristampa anastatica 1984), pag. 646.

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