Come già scritto su questo blog da una wunderkammer si può uscire se si scopre al suo interno un bestiario, e che è indubitabile la connessione tra wunderkammer e bestiario, se traduciamo la parola "wunderkammer" in "labirinto".
Il labirinto è per definizione il palazzo cretese di Minosse dove, imprigionato al suo centro, era in agguato il Minotauro (bestiario e bestio allo stesso tempo).
E cos’è il labirinto cretese se non la razionalizzazione della caverna, luogo per eccellenza delle meraviglie. In fondo alla caverna pitture di animali attendevano il visitatore per meravigliarlo e spaventarlo. Caverna, labirinto, ricerca di un centro, viaggio iniziatico e più che altro fisico alla volta della Terra Santa sulle strade labirintiche del mondo, tra mille meraviglie e mille mostri in agguato, talvolta, per i pigri e troppo indaffarati borghesi che si scaldavano i piedi al sacro fuoco del dio-denaro, era il labirinto, inciso sul pavimento dei consigli di amministrazione, il succedaneo del viaggio come l'orzo del caffè.
Il labirinto era il caos che sognava l’ordine (l'ordine delle wunderkammern), era la ricerca del centro, del nocciolo segreto delle cose. Ma non esistono mappe aggiornate e non esistono nomi. Le strade non hanno nomi. Non esistono procedure per toccare il centro del labirinto: “La via non ha un nome; la Via che ha un nome non è la vera via” (Tao Te Ching). La via per toccare il centro del labirinto (il centro della Terra) non è la stessa per andare all’Osmannoro, o forse sì.
In una fabbrica (Officina G) distante n anni tenebrosi dal nostro presente di luce, fabbrica abitata da operai, impiegati e un Ingegnere Creativo con il singhiozzo psicosomatico (in un classico episodio di Star Trek: People Have The Power), fabbrica all’apparenza disabitata da forme di vita aliena, improvvisamente un mostro, una creatura dell'oscurità, esce da una n dimensione spaziotemporale e semina terrore (e amore) tra operai, impiegati e l'ansioso IC; terrore e amore che dalla Torre e dal reparto M dell’Officina G si diffonde, al suono già nostalgico di una sirena nel meriggio, fino alle palazzine prossime al confine assolato di un quartiere di periferia. Urge il pronto intervento e il soccorso dell’Enterprise, nei panni del capitano James T. Kirk, del signor Spock e del dottor McCoy. Essi hanno il compito di debellare il mostro che muovendosi liberamente in molteplici dimensioni spaziotemporali trasforma operai e impiegati in fluidi esseri prigionieri di amorfe silhouette.
Be', tra un singhiozzo e l'altro IC informa i nostri eroi di un dato di fatto: c’è un mostro che si aggira nella fabbrica e deve essere al più presto americanizzato; ma come ha scritto Cesare Pavese a proposito di Tom Sawyer, “il reale non è un dato, ma una scoperta inesausta”, così il signor Spock, dopo tre anni passati in giro nello spazio profondo, ad incontrare assassini, creature mutaforma, artisti dell’inganno e dello sghignazzo, divinità dell’Olimpo e del deserto, pazzi batteristi, vagabondi e indiani in estate, proprio lui, il signor Spock, nonostante non sia più il ragazzo appena diplomato di umore nero e con gli orecchioni a punta eccolo che si meraviglia di un pezzo meccanico appoggiato sulla scrivania di IC. E chiede cos'è.
Il signor Spock, che avrà tanti difetti (ogni giorno il dottor McCoy gliene scopre uno nuovo) ma non è il nano arzillo nella fiaba del bel paese, esclama che il pezzo meccanico “è indubbiamente una straordinaria curiosità tecnica.”
La riflessione ad alta voce del vulcaniano suscita un attacco di singhiozzite a IC; lui che smania per i bigliettoni di carta moneta che migrano via dal portafoglio ogni secondo che scatta sul contatore dell’Enterprise, non può sopportare un alieno con le orecchie a punta che si trastulla con un banale pezzo meccanico in mano; gliene importa ‘na beata minchia della “straordinaria curiosità tecnica”, lui quel pezzo lo usa come fermacarte!
IC estrae singhiozzando da un portafoglio unto il risultato del referendum imposto dall’Amministratore delegato dal mostro multidimensionale (trasferimento della fabbrica a casa del mostro ovvero il licenziamento): il 90% degli operai e il 60% degli impiegati avevano rifiutato il trasferimento ed erano stati licenziati (fatto storico, Wikipedia può controllare quanto vuole).
Niente paura. Alla fine dell’avventura, dopo che il signor Spock è stato dismesso su Vulcano, che il dottor McCoy ha americanizzato il mostro con impacchi freddi di pepsi cola, che il capitano James T. Kirk si è commosso per la triste storia dell'Amministratore Delegato (era stato un bambino timido e un adolescente quasi sempre 'briaco), tanti piccoli eloi - sorvegliati e guidati con amore (e terrore) dai morlock dell'Ufficio Tempi e Metodi - assemblano giorno e notte inutili macchinine tridimensionali per la gioia di IC e dell’Amministratore Delegato.
Indubbiamente la fabbrica era una wunderkammer, e il mostro dell'oscurità era il suo bestiario (ma nel corso della storia si è perso per strada qualcosa).
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domenica 23 gennaio 2011
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