sabato 4 settembre 2010
Case in capo al mondo, IX
Toh, due sempliciotti sui tetti di Parigi. Uno dei due è un aviatore inglese “generico”, mentre l’altro è uno "specialista" nell’arte di miscelare i colori e pitturare con pennelli e pennellesse i muri e le facciate delle case. E' proprio con un pennello (e non con una pennellessa), tenuto saldo e leggero nella mano, il pittore, quella mattina passate da poco le 9 di un giorno di inizio estate, toccava e ritoccava la superficie da verniciare senza uno sbaffo di colore. Il pittore stava in equilibrio, sospeso ad un paranco, tra precisione e determinazione, e nel caso contingente dipingeva una griglia di verde. Il lavoro per quanto fino non gli impediva di guardare attorno e anche giù in basso, dove la Storia, tra stracci penduli e divise ariane, se ne stava, come un levigato sasso nero addormentato sul fondo di un torrente montano, nell’attesa non di un salmone né di una trota salmonata ma nientepopodimenoche di un obergruben fűhrer qualunque, oggi novantenne pensionato sbrodolone. Il generico si picca, fin da quando è atterrato con il paracadute sulla testa del pittore francese (A) di essere messo in salvo dal pittore, (B) essere accompagnato ai bagni turchi (a quel punto, esaudite le desiderata A e B, il pittore potrebbe anche cavarsi il gusto di fumare un sigaro toscano e chiamare l’aviatore Ismaele o Melampo). Lo specialista si chiama Agostino (o Agostina), del generico adesso mi sfugge il nome (tanto è un generico). I due sono stranamente amici e s’incoraggiano a vicenda nella ricerca di una via di fuga sopra i tetti di Parigi (che la città sia proprio Parigi e non Peretola è provato dalla torre Eiffel - coordinate: 48°51′30″N 2°17′40″E come scriverebbe Verne - visibile in lontananza). Al loro passaggio sui tetti tutti i tedeschi del posto giù in basso sgranano tanto d’occhi, non alla vista dell’imbianchino, gliene importa assai ai tedeschi occupanti (ce l’hanno uno a casa che vocia alla radio dal millenovecentotretatre), ma perché li vedono (il generico e lo specialista) così vicini vicini e pure così lontani lassù in alto sopra i tetti di Parigi.
Bene, dai e dai i due fuggitivi vedono un utile abbaino e vi si calano, poi scendono le scale di un palazzo, intenzionati ad approdare al piano stradale. Scendono di corsa al sesto piano e poi al quinto. Afferrando la ringhiera della prima rampa di scale che mena al quarto (ci sarebbe anche un ascensore volendo ma è ignorato dai due, causa la trama) i due odono il rumore di stivali tedeschi che calpestano gli scalini della prima rampa di scale al piano terreno, uno sgradevole rumore che li fa desistere dall’impresa di approdare al piano terra, che fare? stare per sempre sui tetti? be', mentre risalgono la prima rampa di scale che porta al sesto piano la porta dell’appartamento del quinto si apre ed esce una ragazza preoccupata per un possibile rastrellamento tedesco (si preoccupa per il prossimo e pure per i vicini), i due la vedono e vedono la porta aperta e vedono la salvezza, a portata di mano questa volta e non di piede, e scendono ed entrano dentro l’appartamento.
Ai due tapini basterà farfugliare qualche parola e saranno salvi. Tutti salvi, anche gli animali con la clonazione, e il resto è Storia... cioè è una commedia francese (Tre uomini in fuga, 1966). Resterà un mistero come la rappresentazione imbastita lì per lì o là per lì o lì per là di una scenetta familiare di un litigio fra marito e moglie, con l'aviatore in bilico sul tetto dell'ascensore, possa confondere e deragliare l'attenzione di esseri così superiori e razionali come erano i tedeschi di una volta.
Bene, chi non ha sognato, guardando fuori dal finestrino di un treno che corre sferragliando in un pomeriggio d’estate, di scendere alla prima stazione e dopo pochi metri di strade sconosciute entrare in un portone di una casa, passare da stanza a stanza come se fosse nostra. Case in capo al mondo, case dietro l’angolo, case nascoste da un muro di giardino. Case sconosciute eppure familiari, case come ultimo rifugio sicuro o il primo (dipende dai punti di vista).
Egli trasse un profondo respiro. “Sono tornato”, disse.
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