lunedì 19 aprile 2010

Assurdo diario di mago Merlino

Siamo turisti in giro per le strade di una magica città; una città che alterna larghe e lunghe vie, come magliette a trippa di gatto, a strette e contorte viuzze, viottole, e antichi palazzi non finiti a condomini di cinque e sei e trentasei piani, polverosi musei e tronfie gallerie a botteghe di cianciafruscole sparpagliate sul marciapiede. All’orizzonte le torri rosse delle officine si stagliano nel blu del cielo estivo. Sulla strada si affacciano banche e banchi di ortolani, grassi pizzicagnoli e ombrosi fornai, librerie antiquarie e straccivendoli, enigmatiche insegne, pizzerie da asporto, mestiche e mesticherie. Tiriamo fuori la nostra magica macchina digitale e cominciamo a scattare istantanee: ad una fontanella secca posta sul canto di una stradina che s’affina nell’ombra fresca e umida; ad un monumento equestre pazientemente zebrato da generazioni di piccioni stanziali; ad un portico in prospettiva (luci e ombre, ombre e luci); ad un pittoresco muro crostoso e ammuffito che ci nasconde la vista di un silente giardino di periferia; alle nuvole che si dipanano lente in alto nel cielo blu.
È una sera d’estate. Dall’ombra profonda e blu planano, sopra le nostre teste, le misteriose parole quotidiane, e suoni di piatti e di posate, Chopin su un Yamaha B3 scherza e ride con un Hendrix digitale, e uno isterico speaker divide e impera sui fatti del giorno quasi andato, Filippo ha le placche in gola. In strada, all’ombra di un albero, sonnecchia indifferente un gatto soriano. Filippo ha le placche in gola, e allora? e con questo? embè? E dove, dove sta Zaza? Un cane boxer maschio si accuccia per urinare l’orina accumulata in un pomeriggio di tedio e noia, prima guarda assorto all'orizzonte poi lancia un'occhiata al padrone che gli dice, bravo, bravo, bravo, è che non ha ancora imparato che deve alzare la zampa se vuole segnare il territorio. E una ragazza ci passa accanto, Tutte le kose k hai detto sn vere sekondo me, ma non lo dice a noi, che siamo solo turisti in giro per le strade di questa magica città, ecc. E le ombre della sera si allungano e sembrano ghignanti demoni etruschi, ci circondano e ci proteggono, e anche a noi si allungano le gambe e sembriamo tanti ragni in giro per le strade di questa magica città, ecc. Coloriamo le strade di un assurdo blu oltremare.
Il demone etrusco avvolge le nere e membranose ali in posizione di riposo e ci squittisce come un topo nelle orecchie; chiediamo a Renzo Tramaglino di tradurre i versi del demone, dice, è ora di porre immediatamente alla guida la domanda che avete pensato e sognato stanotte: ma ‘sta città immortale è una wunderkammer, cioè un labirinto, o è un frattale? E se è una wunderkammer, allora dove dov’è la via di fuga? (se la storia della Vita è un database di storie Grandi e piccine, ed ogni singola storia è un elenco di mosse e contromosse sulla scacchiera del Mondo, e le cui azioni e reazioni non sono mai isolate ma sempre vincolate ad altre mosse e contromosse di storie passate, presenti e future, allora questo presente esiste solo se è esistito il passato, e solo se è possibile raccontare il passato, con un tempo imperfetto? solo se è possibile immaginare un futuro).
Ma noi manco ascoltiamo la risposta della barbarica guida con la patata in bocca, che si sta pure incartando nel tentativo di meravigliarci con la Visione di una rovina etruscogrecoromanapisciosa in controluce e nella luce di aprile, manco morti, piuttosto ci guardiamo attorno, alla ricerca di un bestiario, di un bestio, di uno zoo alieno, alé ecco sotto l’albero un opportunista gatto, soriano. Che fa testo? chiediamo al demone etrusco con nere ali, di pipistrello. Ratto e brusco ci risponde, e che sono io mago Merlino?
.

Nessun commento:

Posta un commento