mercoledì 28 aprile 2010

no free dogs (III)

Come passa il tempo solo ieri andavamo in giro con maglioni di lana e sciarpe e scarponi con sotto la mota e cappottoni da milite ignoto e oggi c'è questo sole polveroso, promessa di una stagione di leggerezza infinita e vediamo le strade secondarie deserte libere correre i cani senza guinzaglio…

Solo ieri...

E poi c’erano quelle strisce abitate da insopportabili gamberottoli con la testa tonda, che parlavano e pensavano come vecchi pensionati disillusi delle donne e dal governo; menavano a spasso un bracchetto senza guinzaglio, saggio e petulante nella sua mutezza di sfinge egizia. Dormiva il bracchetto nasuto, sdraiato a pancia all’aria sul tetto della cuccia in giardino, e sognava di essere l’eroico avversario in combattimenti del barone rosso in un cielo di piombo.
Poi con gli anni Ottanta sono venuti i Simpson: codesta famigliola americana con padre obeso infartuato teledipendente, madre idiota blaterante con capelli blu ritti in testa come un cespuglio ardente, e due figli metodicamente inetti, in un verso o nell'altro, più una bimba ancora libera nella sua incapacità di parlare davanti agli esami della vita. Cane, gatto e nonno con dentiera sbrodolosa completano la serie della famiglia delle figurine gialle. Attorno un contorno di umanità metodicamente assurda, il barista racchio, il ciccione sbronzo, il preside ex berretto verde con madre arpia, la maestra tabagista, l’ispettore scolastico pomposo, il vecchio padrone della centrale nucleare e il suo affezionato portaborse, ecc. Dall’altra parte del secolo passato, in Italia, c’era un certo Vamba e il suo Giornalino con le pìstole di Omero Redi, e tanti altri collaboratori più o meno illustri: “Pirandello, Serao, Salgari, Fucini, Mascagni, Ojetti, Pascoli, Capuana, Aleramo e molti altri” (L' educazione dei fanciulli da Gian Burrasca ai Simpson, M. Serra, Repubblica, 05 marzo 2006). Dietro il Giornalino di Gian Burrasca c'era tutta la letteratura d'evasione del "ragazzo cattivo" di radice americana (Bad Boys), così, anche se in tono minore, nelle Pìstole di Omero:

“…era dispettoso, come anche col gatto che lo verniciava di verde da persiane quando gli riusciva sulla schiena e quella povera bestia restava delle settimane rimbecillita” (Pìstola di Omero, VII).

Sarebbe interessante sapere nella lettura di quale numero romano di lettera di Omero Redi, Vamba capì che l'autore non era un ragazzino delle elementari ma un adulto, anzi peggio un letterato, papirologo e professore di greco e latino (oltre che prete), cioè l'interventista e poi fascista Ermenegildo Pistelli. Forse fu allora che le pìstole si appesantirono di allusioni e citazioni e visite a poeti, e tanti nomi di ragazzi, ex lettori del pedagogico Giornalino e poi per sempre medaglie d’oro alla memoria.
Buon vecchio pipistrello, il Pistelli e le sue citazioni allusive a grappolo, sembra sia stato il maestro di tutta l'intelligenza italiana di quei tempi là, e chi l'ebbe alle elementari e chi all'università: nessuno scampò: tutti andarono - convinti - alla guerra (la Grande Guerra). I contadini, i popolani, la gente del Quartiere, insomma quelli che non leggevano il Giornalino di Vamba (come i poco svegli che non hanno mai letto Linus, preferendogli Topolino) poi alla Guerra ci andarono comunque, ma a calci in culo.
Buon vecchio lucertolo, il Vamba, così scrive di lui l'Omero, nella pìstola LIX: "Se tu t'accosti a un gruppo di bambine, senti che anche loro parlano della guerra, ma la mescolano con mille argomenti molto panciafichisti... A proposito: solamente per avere inventata questa parola ti dovrebbero caro Vamba fare accademico della Crusca". Uno più, uno meno.
E quell’immagine incombente del buon prete dietro le spalle del ragazzino cattivo O.R. che assorto scrive la pìstola al Vamba (come si vede sulla copertina del libro, disegnata da Vittorio Corcos), oggi non sarebbe più editabile: pedofilo docet? Eppure il Serra scrive: “il mezzo secolo che va dal Giornalino di Gian Burrasca (l' opera più celebre di Vamba) alla comparsa della televisione fu assai più breve del mezzo secolo che va da Giovanna la nonna del corsaro nero ai reality show, al wrestling, a M-tv. Come dire che due guerre mondiali, il fascismo, la rivoluzione russa, hanno potuto incidere sui costumi e sulle attitudini dell' Occidente assai meno di quanto sono riusciti a fare il consumismo e la società dello spettacolo.” E poi conclude tutto contento con una “buona notizia”, una buona novella, che ancora esiste una pedagogia, in queste storie in carta e in digitale, infatti, se ieri il cognato socialista di Gianburrasca si sposava in chiesa di nascosto, oggi Bart Simpson potrebbe guardarsi le spalle nell'entrare in una chiesa cattolica. Eppure io ci vedo sempre codesto prete sorridente, appostato come un grosso grillo saggio, alle spalle del ragazzino cattivo, sempre lì che batte sull'incudine. Sempre questa coscienza deformata nella forgia oggi del marketing ieri delle ideologie e sempre con modello un Bene a lunga scadenza... già, come il latte parmalat.

Scusate, ma io preferisco Calvin & Hobbes.

E poi, una così lampante illuminante folgorante evoluzione nei costumi in Italia, boh... mica la vedo, basta guardare Striscia la notizia con uno dei tanti servizi sui canili-lager.

E il gatto o il cane o il diversamente abile vengono sempre allegramente spennellati sulla schiena con vernice verde da persiana e messi su youtube da simpatiche canaglie.

Se un cuore intatto e una coscienza deformata entrano in conflitto allora la coscienza viene sconfitta (Mark Twain).
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