Come passa il tempo! Appena ieri era il 1865, e Firenze era la capitale del Regno d’Italia. Ma i fiorentini non stavano proprio come i ragni, ché la discesa dei piemontesi scatenò una grandiosa e memorabile, per quei tempi, speculazione edilizia. Decollarono gli affitti delle case (e da allora non sono mica più atterrati). Pigionali, ragazzaglia e gentaglia assortita si ritrovarono dalla mattina alla sera sotto i bei ponti sull'Arno. Ma il Municipio pensò bene di stipulare un contratto con la Società Edificatrice di Case Operaie (e produttrice di sego). La Società si mise subito all’opera, tirando su dalla sera alla mattina ben 3000 stanze. Subito prese in affitto da famiglie del medio ceto borghese. Suonavano da quelle stanze i pianoforti verticali a tutta randa, con sottofondo dei grilli delle Cascine. E già l’Ingegner Poggi arrotava i suoi coltelli. Numerosi bottegai torinesi accorsero ad accaparrarsi i migliori locali del centro, come oggi i cinesi; non sia mai (o come direbbe Topo Gigio, ma cosa mi dici mai?!) ché questi erano francesi, europei, be’, certo al limite forse italiani. Sparivano così le "mescite di minestre", le "canove di vino", le vecchie botteghe con la porta con il muricciolo rialzato da un lato, con gli sportelloni verdi coperti di grossi chiodi, e il chiavistello che riuniva gli sportelli attraversando a sghembo da una parte all’altra. Poi certo sparirà anche il Mercato Vecchio, ma siamo già quasi alle soglie dell'età moderna.
Resta di quel tempo là qualche immagine in bianco e nero... impressionante. Sembrano le vecchie botteghe risalire al tempo, che è solo leggenda, delle città etrusche dei morti.
Resta di quel tempo là qualche immagine in bianco e nero... impressionante. Sembrano le vecchie botteghe risalire al tempo, che è solo leggenda, delle città etrusche dei morti.
Immagine n.5: una bottega del vecchio centro di Firenze, da Firenze capitale (1865-1870), di U. Pesci, 1904.
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