martedì 23 settembre 2008

Firenze 1892-1895

Esperienza straordinaria è la lettura e la visione del volume "Firenze 1892-1895, immagini dell'antico centro scomparso" di Maria Sframeli (Editore Pagliai Polistampa, 2007). Più di trecento fotografie eseguite fra l'agosto del 1892 e il dicembre del 1895 per documentare i palazzi e le case del centro storico prima e durante le demolizioni. E' il centro medioevale di Firenze che viene giù: l'area che si estendeva da via Porta Rossa a via de' Cerretani, da piazza Strozzi e via dei Pescioni a via Calzaiuoli.

"Là sorgevano i palagi dalle facciate di conci e di filaretto di pietra, colle grandi finestre ad arco sul mezzo tondo, colle ampie tettoie sporgenti sulle bene intagliate mensole: e accanto ai palagi, superbe ergevansi le torri, una selva di torri, varie per grandezza, per maestosità, per tipo di ornamenti. Dentro a'palazzi i severi cortili ad uno o più ordini di logge, le ripide scale, i saloni colla soffitta a grandi travature, le pareti dipinte a fresco nelle fogge più bizzarre: a paese con alberi di frutta, animali, uccelli, tende, reti, parati di vaio, spartiti geometrici ed ornamentali, con stemmi, meandri, corridietro, fregi d'ogni genere e talvolta con figure, con soggetti favolosi ed anche religiosi. Dovunque, anche in tutte le cose che si riferivano agli usi domestici, dominava ed imperava una nota grandiosa, austera che era in perfetta armonia colla severità e la rigidezza dei pubblici ordinamenti, delle forme di governo" (1).

Le prime idee e progetti per il "risanamento" del centro storico si manifestano già all'inizio del secolo XIX, e si ripresentano nel corso del secolo come un'ossessione, un’idea fissa, l'idea fissa della Grande Firenze. Tre parole d'ordine dominano le menti delle autorità cittadine (del secolo XIX): igiene, decoro, viabilità. Famosi giornalisti introducono nella mente del lettore borghese (già convinto di suo) il tarlo dell'inevitabilità del fare e del disfare (come poi dell'entrare in guerra nel secolo XX, o passando dalla tragedia alla farsa di un nuovo stadio di calcio nel XXI secolo), con uno stile neutro, semplice, oggettivo:

"Siete voi andato mai in quegli antri, in quelle tane, per que' sotterranei, dove la notte le pareti formicolano d'insetti, dove il soffitto è così basso, che è impossibile a un uomo di giusta statura entrare lì senza curvarsi, e dove su putridi giacigli si scambiano gli amplessi di ladri e di baldracche, lordure umane, sgorgate in quegli orrendi sterquilinii, dopo aver corso, trabalzato, per le fogne del vizio?" (2).

Ma, come sempre, "dietro le giustificazioni ufficiali che si rifanno all'Arte e alla Storia da una parte, e dall'altra a ragioni di traffico e di igiene il 'risanamento' dell'antico centro intorno al Mercato Vecchio, compiuto a fine secolo, è dovuto soprattutto alla volontà della classe borghese di affermare il proprio prestigio. Il mezzo per tale operazione è anche in questo caso quello della speculazione edilizia" (3). Per tamponare i duri giudizi espressi soprattutto sulla stampa estera la Giunta Comunale nel marzo del 1888 nomina una Commissione Storico Archeologica per rilevare e studiare gli edifici della zona da demolire. Ma i rilievi non dovevano in alcun modo ritardare i lavori, così nell'aprile del 1892 viene nominata una nuova Commissione con una sfera di competenza che escludendo l'archeologia si estendeva a tutto il territorio comunale; per ovviare all'impossibilità di misurare gli edifici che scomparivano dalla mattina alla sera la Commissione avanzò la richiesta di utilizzare lo strumento fotografico.

Una camera oscura per prove 18x24 con soffietto di pelle a cono girevole, otturatore istantaneo e a pose facoltative, treppiede e sacco” (4).

Le immagini non sono "belle", colpisce la quasi totale assenza di vita, il silenzio assordante del dopo bomba; i cartelli attaccati ai muri annunciano ai rari passanti che il venditore di pesci d'Arno fritti si trasferirà in faccia alle Logge n.1, così il trasloco del pizzicagnolo, del salumiere, del rosticciere, del fagiolaio, ecc. Pubblicità di cerotti per calli, letti e mobili in ferro vuoto e sagomato, Synger Cycles, pastina diastasata alla pepsina. Muratori posano in bilico su assi appoggiate su scale sospese sul vuoto. Esperti della Commissione immobili ed impettiti. Ragazzini con il cappello in testa, garzoni di bottega, guardano nell'obiettivo del fotografo con sguardi da gatto; un ragazzino visto di profilo è l'esatto opposto del militare sull'attenti. Dove sono andati a finire 'sti tipi alla Huck Finn? E i nomi delle vie? piazza del vino, piazza delle cipolle, via delle ceste, piazza delle ricotte... Ma ormai era stata imboccata una strada in discesa, si comincia con piazza Vittorio Emanuele II, il monumento al re a cavallo è già al suo posto. Attorno crescono i palazzoni di facciata (pieni di banche, uffici, alberghi, assicurazioni), sicuramente igienici ma scarsi di vita e di cortili. Per fortuna l'Oltrarno, defilato o semplicemente fuori moda, fu risparmiato dal santo piccone risanatore.

"Ogni finestra spalanca la sua bocca nera sulla strada maledicendo la mediocrità. Ogni porta pare che inviti a entrare i pochi fessi che passano riserbandogli sorprese le più impreviste. Difatti una ricchezza di stanze cubicamente superiori a quelle delle case moderne si cela in questi interni e non è raro che dalle finestre posteriori si possa ammirare leggiadri giardini che non sognano le più belle vie del centro" (5).

(1) Guido Carocci, Firenze scomparsa (1897), pag. 95.

(2) Jarro, Firenze sotterranea (1881), citato in Com'era Firenze 100 anni fa, Piero Bargellini.

(3) Giovanni Fanelli, Firenze architettura e città (1973), pag. 448.

(4) Maria Sframeli, Firenze 1892-1895, immagini dell'antico centro scomparso, (2007), pag. 20.

(5) Ottone Rosai, Via Toscanella, (1930) pag. 18.

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