venerdì 3 ottobre 2008

Vecchio come il cucco

Si dice di un oggetto o di un essere animato che sia vecchio come il cucco quando è di molto, ma di molto, vecchio. Il cucco funge da termine di paragone per datare un oggetto: un macinino del caffè, una macchina per cucire a manovella, ecc. Notare che questo modo di dire è usato solo in senso peggiorativo, se non dispregiativo. Infatti, non usa dire che un Commodore 64 con 48 K di Ram capace di generare il grafico a fil di ferro di una sinusoide dopo appena cinquanta minuti di calcolo è vecchio come il cucco, ma di un vecchio e obsoleto PC 486 certamente sì.
Analogo ragionamento per un essere animato: il cane incontinente dei vicini di casa, il gatto nevrastenico della zia, il famoso professore emerito e ottuagenario, di cui ora mi sfugge il nome, ecc. Notare come l’attribuzione del simpatico modo di dire ad esseri forniti di un’anima sia sempre relativo e soggettivo: i vicini, il nipote, gli assistenti giovani del barbogio, ecc.
Una domanda sorge a questo punto spontanea: ma quanto è vecchio il cucco? E’ possibile trovare su eBay un cucco usato ma in buono stato? E come riconoscere un cucco originale da una vile imitazione, solo dal prezzo esoso? O esistono parametri oggettivi, razionali, una lista tipologica del cucco. E l’esperienza sul campo aiuta? Come quella che consente, ad esempio, di distinguere un fungo porcino da un fungo che sembra commestibile, all’occhio del profano, ma non lo è. Esistono cucchi velenosi?
Per trovare una risposta a queste domande si deve, per prima cosa, sgombrare il campo da un equivoco, duro a morire e vecchio come il cucco: il cucco non è un oggetto, il cucco non è un essere animato. Il cucco è un monte, meglio era un colle, anzi era una collina situata nei dintorni della Firenze antica, nell’Oltrarno. Poco dopo la metà del XV secolo, sul pendio di quella collina, chiamata per l’appunto Montecucco, fu fatto costruire da tal Luca Pitti, pare su progetto del Brunelleschi, un palazzo che da allora in poi fu sempre conosciuto come Palazzo Pitti, nonostante i molteplici passaggi di proprietà (vi abitò anche Vittorio Emanuele II). Si potrebbe quindi affermare che il macinino del caffè è vecchio almeno quanto Palazzo Pitti. Ma si può andare ancora più indietro nel tempo. Sembra che Luca Pitti fece pesare tutta la sua autorità per ottenere i permessi necessari per l’edificazione del suo palazzo (ché non poteva vivere altrimenti). In quel tempo di Rinascimento incipiente la carenza di abitazioni popolari era già notevole, ciò nonostante Luca Pitti fece demolire le case che esistevano su Montecucco. I proprietari delle case, invitati a far fagotto delle loro 4 prugne (un altro modo di dire) e sgomberare, non ebbero né un compenso né un nuovo alloggio: prendeva campo una consuetudine, vecchia come il cucco.
Le macerie di quelle case costituiscono di fatto il terminus post quem per datare il nostro macinino del caffè e il cane dei vicini, mentre Palazzo Pitti è il terminus ante quem del cucco.

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