mercoledì 18 agosto 2010

Case in capo al mondo, VI


Chi non ha sognato, guardando fuori dal finestrino di un aereo che vola sferragliando sopra le nuvole bianche e le nuvole bigie, di atterrare a Los Angeles in un azzurro e troppo lungo pomeriggio d’estate dell’anno 1971. E dopo poche miglia di strade sconosciute entrare da una porta finestra in una casa di legno, passare da stanza a stanza, aprire il frigorifero e versarsi un bicchiere di succo di mela. Case in capo al mondo, case dietro l’angolo, case capovolte, case nascoste da una collina di materiale di scarto.
Il collage di frame che apre questo post mostra una veduta panoramica, quasi veneta, quasi fiamminga, della casa-baracca-magazzino di Fred Sanford e figlio, Lamont. E' la scenografia del primo episodio della prima stagione (1971-1972) della serie tv, ed è già perfetta così. Un uomo canta allegramente con accompagnamento di pianoforte. A sinistra c'è una porta finestra, la telecamera ruota e mostra una stanza che nemmeno alla lontana assomiglia a quel luogo perso nei meandri della memoria, silenzioso e in penombra e quasi atemporale e magico che i nonni buoni di una volta definivano il salotto-buono, piuttosto è una stanzaccia assolata, illuminata da 3 finestre e 1 porta finestra. Stanza perennemente crollante pare masticata e sputacchiata da un boxer di ventuno mesi, ingombra di oggetti che hanno preso il colore della tappezzeria, e viceversa, di cianciafruscole guaste e sparpagliate sui tappeti sbiancati dai soli di innumerevoli estati. E' il vecchio Fred Sanford, il robivecchi, che canta e suona; ma poi il cameraman muove la telecamera in avanti quanto basta per permetterci di vedere: meraviglia, il vecchio sta solo spolverando il piano, di fatto una pianola. E' abbiamo già capito che (A) non siamo in un interno borghese e (B) che è una radicata abitudine quella del vecchio di passare il tempo in ozio canicolare, libero il vecchio come un usignolo o il giglio del campo da preoccupazioni gioie e doveri borghesi (ben presto al posto della pianola spunterà un suonato televisore in bianco e nero, nella seconda stagione Lamont porterà a casa un divano spelacchiato e alé al vecchio resterà solo di sognare un tv-color con telecomando a tre tasti). Tanto è il figlio Lamont che lavora e suda, scrutando dall'ombra del suo pick-up giacimenti di materiali di scarto ai bordi delle strade di Los Angeles, e accumula indifferentemente dentro e fuori casa hardware, porcellane inglesi e bare e mode e manie e nere radici d’Africa di religioni vagamente orientali.
Eppure, anche nella casa luminosa dei Sanford si agita il mistero di una finestra che prima c’era e poi non c’è più.

Continua…
.

Nessun commento:

Posta un commento