martedì 10 maggio 2011

Cucina Iconologica nel Cinema Occidentale (n.1)

Potrebbe sembrare il tema di una tesina universitaria in Storia del Cinema, e invece, ahivoi, è il titolo di una serie di post dedicati all’elencazione di scene ambientate in cucina: cucine nella filmografia occidentale; cucine iconologiche oltre che economiche; sarà elencazione piuttosto che esplorazione delle stesse, perché essendo appunto cucine (iconologiche) mi restano di significato oscuro, ché raramente accendo il gas (anche se mio nonno materno faceva il cuoco all'ospedale, e da bambino ci giocavo in cucina). Ma prima di partire con la prima scena, qualche parolina sulla parola iconologia, copiate pari pari da Wikipedia (e qui le analogie con una tesina universitaria e/o da esame di maturità si infittiscono come un “umido velo di tenebre”).

Iconologia. “L'iconologia (dal greco eikōn, immagine e Logía discorso, quindi descrizione approfondita dell'immagine) è una branca della storia dell'arte che si occupa di ricercare la spiegazione delle immagini, dei simboli e delle figure allegoriche dell'arte. Da segnalare la simbologia degli studi esoterici e degli animali del bestiario, numerosi quelli medioevali derivati dal Physiologus, un testo che risale probabilmente al secondo secolo, e i Bestiari di Cristo, ossia i simboli animali dell'incarnazione di Cristo, l'iconologia cristiana, in particolare l'enciclopedia Il Bestiario del Cristo di Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946) con 1.100 incisioni, tradotta dal francese anche in italiano. Le simbologie degli animali umanizzati restano i protagonisti indiscussi non solo delle favole antiche e delle fiabe più recenti ma specialmente dei cartoni animati. L'iconologia si differenzia dall'iconografia, perché questa si occupa della descrizione dei temi presenti nell'opera d'arte, mentre l'iconologia ha lo scopo di interpretare gli stessi temi.” (fonte Wikipedia).

Dunque, c’è qualcosa in queste scene che prenderò in esame, come un deposito sepolto di conoscenze, dedicato e destinato non al grosso grasso pubblico con barattolone di pop-corn in grembo, ma al pubblico minuto magro scaltro (che lui sì che se ne intende), quello che mordicchia nevroticamente semi di zucca con gli incisivi davanti che ci sono anche quelli ai lati (quanti sono gli incisivi? 8). Si parte con un classico De Funes: 3 uomini in fuga (1966).



Il Nostro è riuscito a forzare, con un attizzatoio, i battenti di una scansia-credenza, incassata nel muro della cucina dell’albergo dove pernotta una notte sotto false spoglie (comunque in una camera dell’albergo, non in cucina). Ora, è in religiosa contemplazione della straziante bellezza del creato, e se fosse un pesce non riuscirebbe a tener ferme le branchie! Si scrive credenza ma dovrei scrivere tabernacolo, anzi ricettacolo del gusto, ricettacolo divino e di vino e avanzi di una cena, meglio di un pasto sacro in onore di un Generale Tedesco; il Generale svetta in effigie sopra i poveri resti di una torta di compleanno, dall'aspetto di molare cariato. Chiaro, al Nostro dell’effigie del generale gliene importa quanto all’avatar di una bella giornata di sole. A meno che non sia l’effigie plasmata nella glassa di zucchero, mio Generale sei proprio una cassata, e infine commestibile, così è il caso. Cannibale!
.

Nessun commento:

Posta un commento