martedì 2 marzo 2010

Bestiario n. 12 (Yojo)

Toh, due marinai a spasso sul molo di Nantucket. Uno dei due, è un marinaio “generico”, l’altro dei due, è uno "specialista" nella caccia alla balena. Il generico si picca, fin dal primo rigo del romanzo di Melville, di essere chiamato Ismaele; lo specialista invece si chiama semplicemente Queequeg. Lo specialista è un cannibale, un cannibale dei mari del sud, è nato in un’isola lontanissima. L'isola non è segnata in nessuna carta, ché i posti veri non lo sono mai. I due sono stranamente amici, e spingono a turno una carriola carica della loro roba, su e giù il molo della cittadina fatta di sabbia mescolata dal vento; al loro passaggio tutta la gente del porto sgrana gli occhi, non alla vista del cannibale, gliene importa assai alla gente di porto, ma perché li vedono, il generico e lo specialista, così vicini, in così intima amicizia. Tale è l’amicizia che li lega che Queequeg, lo specialista, farà scegliere all’amico generico la nave baleniera dove cercare ingaggio... cioè non è solo l’amicizia che spinge il selvatico ramponiere, tutto istoriato di tatuaggi, a fare scegliere all’amico, un po' sempliciotto e molto filosofo (ché in più parti il romanzo è proprio peso, ma mi si consenta una noticella critica, ché è proprio in quelle pagine pesanti che il romanzo prende il volo dal suo secolo e dal suo tempo), gli farà scegliere il posto di lavoro a tempo determinato, non solo l'amicizia che li lega, ma un vero e proprio ordine divino, trasmessogli in sogno da un piccolo dio, una divinità tascabile, infatti, il selvaggio se lo porta sempre in tasca: Yojo.
C’è un vecchio detto fiorentino che dice, Che c’entra Cristo con il puzzo dei piedi?, si sa, tutti lo sanno, i cristiani (i cattolici in particolare) sono tutti anim’e core che cantano in coro, fino a quando non gli sfiori il portafoglio o il diritto-dovere di sostare sulle strisce pedonali (ma quanti di questi cristiani hanno l’ardire e il coraggio di parcheggiare l'auto sopra un passo carrabile o semplicemente di farsi sbranare dai leoni nel circo?), e invece 'sto selvaggio pagano e cannibale e spacciatore di teste extracomunitarie, o non t'affida tutta un’intera stagione di lavoro, lunga ben tre anni, al naso di un novellino grullo!, ad un tizio appena conosciuto e che è poco più di un pescatore di trote, di un raccoglitore d’arselle e di conchiglie di San Giacomo.
Chi ha visto il film, chi ha letto il libro, sa che la nave che sceglierà Ismaele sarà il Pequod. Ebbene, il Pequod è un classico esempio di wunderkammer.

Scrive Melville che il Pequod era nave di scuola antica, piccola e con una certa aria vecchia di mobile dai piedi ad artiglio, scafo stagionato e patinato dai tifoni e dalle bonacce di tutti e quattro gli oceani, di colorito bruno, di prua barbuta, con alberi tagliati su qualche sperduta costa del Giappone, ponti consunti e levigati, legni intarsiati e ornati di trofei, nave cannibale irta dei denti aguzzi del capodoglio, pure la barra del timone era sagomata da una mandibola di capodoglio, insomma: un nobile legno marino, ma triste, ché tutte le cose veramente nobili sono velate di tristezza (anche quando cantano a Sanremo).

E il bestio di questo post, chi è? No, non è Moby Dick. La balena bianca è solo un essere innocente che prenderà a testate la nave-trofeo fino a farla affondare.

Il bestio di questo post è lo scarsamente ecumenico, enigmatico, piccolo e nero (quasi un Calimero) dio tascabile Yojo, che per chi sa quali suoi fini farà morire il suo unico fedele, e gli salverà l'amico infedele.

Oggi, Yojo possiede la maggioranza relativa di tutte le azioni U.S.A., come andrà a finire il viaggio?


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