domenica 14 marzo 2010

CEIsAAA, V

Gli eredi di Oliver (Ollio) Sassu, direttore degli scavi archeologici a Favbrillhà, offrono al popolo di Internet la trascrizione fedele, da un supporto magnetico – ahimè, ahinoi, ahivoi, purtroppo parzialmente smagnetizzato -, degli atti di una riunione estemporanea della Fondazione Favbrillhà (FF), tenuta in un giorno di fine estate dell’anno mille novecentoquarantasei, nel retro bottega di una pizzicheria al Mercatino di San Piero, a Firenze.
L’argomento all’ordine del giorno, di quel giorno memorabile di fine estate, fu il seguente:
"lettura e commento della Tavoletta 1111.b", con contributo del Socio Pio de Pio, del Socio O.K. Allright, e in parte (noi eredi sospettiamo) del vino della locale cantina.

PIZZI-CHE-RIA-E-CA-NOVA-DI-VI-NI
VEENDITADI-PA-NE-PASSTE-E-GE-NE-RI-ALI-MEN-TA-RI.
Grazie mille, dottor Arne Otto Saknussen ma sappiamo tradurle anche noi le insegne! [rumori, parole intraducibili] Io invece vorrei sapere perché, dovunque ci riuniamo, in ogni modo dobbiamo riunirci o in una soffitta o in una cantina! Questa sembra più una buca scavata nella terra che… non era proprio possibile chiedere ospitalità nel locale museo archeologico cittadino? Vada via! Vada via! un c’è posto! Non sentite di essere dentro la Storia? O un lo vede che un c’è posto! Passeggiando per queste antiche strade, passando sotto l’Arco dove un tempo i casigliani arrovesciavano sugli avversari pietre e pece bollente… Vada viaaa! E le botteghe, son fantastiche le botteghe, guardate! E casco! E’ da stamane che sto in piedi a servire! Secolari e bui antri, come bocche nere spalancate, alitano su noi il fiato dei millenni di droghe e salami che fermentano e di pesci che si corrompono nell’ombra della sera, O Cencio, non son mica un uomo da pigliarsi in giro io! E il vino che si tramuta in aceto nei fondi fiaschi, avvoltolati come morti feti nella paglia muffita. Il mommo, amore, un po’ di mommo… E la macelleria?, ricordate il manzo intero… Spaccato a metà, con sotto la segatura fradicia di sangue nero che ancora sgronda dalla cervice. Bovi bovi dove andate… E accanto a quell’odore bestiale ricordate i freschi odori dell’orto fuori porta, fuoriuscivano dalla bottega dell'erbaiolo, dal fruttivendolo… Telemachino, non ti mettere il ditino in bocca… E poi di sotto l’arco passava e ripassava sempre identico a se stesso, il popolo antico… Che si ordina qualche fico? A me, questo odore di formaggi, di insaccati e di baccalà, mi rivolta lo stomaco! …E vino! L’olio ti piace? Razza di topo! T’à a venir ghiotto a caso. Che peccato dover aspettar tanto, prima di poter mettere un figlio a scuola! Che anni sprecati quelli del seno, dei giochi, del fai ciao con la manina! Ikké ha da bofonchiare il dottor de Pio? Colleghi, vorrei farvi notare la conformazione cranica del padrone della pizzicheria, è un capolavoro ambulante… Bandone! E’ bandone! Un capolavoro della natura… Poverino! Bisognerebbe ch’io non sapessi… Meravigliosa testa a pera! Probabilmente l’omacciolo è un diretto discendente delle antiche genti etrusche… E allora forse gli potrei anco credere... Noi sappiamo… Piuttosto, il segreto della vernice… Asia Anteriore Antica… Già, la vernice! Sconosciuto staterello… Gli antichi le avevano certe vernici. Segretario!… Si potrebbe far un saggio, se lei crede, domani, porto gli acidi! Segretarioooo cipancalakaprakampaaa!!! Grazie: troppo gentile. Tanto, se lo metta in capo… Si sta facendo tardi! E io vorrei iniziare… [rumori, parole non tradotte da Google]… la cantinflora la non me la leva di sotto! ma con la lettura della mia relazione, e che diamine!… Dunque, dunque…

Così parla Hinscuppapandira’hinu (?), il Gran Re, il Re dello Stagno, il Re di (?):
A P[upo, il Gran Re], il Re di Egitto dì:

Fino a me tutto è bene. Io sto bene. Possa fino a te essere tutto bene!
Per quanto riguarda le lame di ferro su cui mi hai scritto, buon ferro a (?), nella mia Casa del Sigillo non è disponibile. Tempo non buono, per produrre lame di ferro. (Cmq) quando l’avranno finite, te le manderò. Intanto ti mando una lama di un pugnale di ferro.
Poi tu mi chiedi: “ Quando sarà pronta quella famosa corazza di bronzo?”
Vedi, per quanto riguarda la corazza di bronzo che ti avevo promesso, il mio mas(tro di forno?) Karciuphinu è fuggito a piedi a Lukka, (e) dalla [città di Luk]ka così (mi ha scritto):
“ O Gran Re! la vostra opera si è guasta, e non ci è piú un rimedio al mondo! A Lukka ti rividi!”
Subito che io ho sentito (questo), ho messo un grido tanto smisurato che si sarebbe sentito fino alla Terra del Tramonto (?). E gettato (me) fuori dal letto, a calci e a pugni ho preso i servi, i cani, i gatti e (pure) gli scribi. (Intanto) volgevo guaiti e preci al Dio del Cielo Azzurro Indifferente;
(così mi dolevo): “Ahi vile traditore! Invidioso mastro di forno Karciuphinu! Io giuro, per gli Dei di Egitto, che invaderò tutta la terra di Lukka, e non lascerò vivo neppure un Genio o un pollo, e lo stesso Faraone ne resterà grandemente meravigliato!”

Ho fatto come te!
Subito dopo andai a vedere la fornace abbandonata dal vile Karciuphinu, e vidi tutto il metallo rappreso che pareva un covaccino.

Ho sfogato la mia ira su un nano ballerino; l’ho preso per la testa e l’ho sollevato da terra urlando: “Ti farò veder ben io Lukka!”.
Ho ordinato a due servi di far visita al vicino, mastro Kapretta, e chiedere una catasta di legne di quercioli giovani, secchi di piú di 1 anno; legne le quali donna Ginevra, sposa del detto mastro Kapretta, le aveva offerte in dono, in dono al Re dello Stagno, in dono al Gran Re della terra di (?);

[…] innumerevoli piatti di stagno […] quando il covaccino cominciò a sentire il terribile fuoco, esso cominciò a schiarire, e lampeggiava
[…] ho urlato: “Mosè! e molla codesta (cesta?) che devo sventolare il fuoco!”
[...] di verso l'orto avevo fatto rizzare tavole e tappeti e pannacci, che mi riparavano all'acqua…

Qui si interrompe la lettura della lettera, ché la tavoletta 1111.b è visibilmente spezzata…
La tavoletta 1111.b dell’archivio di Favbrillhà è la prova lampante della padronanza di pratiche di lavorazione dei metalli all’inizio del terzo millennio a.C in Anatolia, infatti, riguarda sia la lavorazione del ferro, probabilmente ferro meteorico e la lavorazione di oggettistica artistica in bronzo, (la corazza promessa al Faraone). La lettera comprende un toponimo: la regione di Lukka, occupata probabilmente dal sovrano Hinscuppapandira’hinu, nipote del sovrano Shuppipandira’hinukhaliya, citato nelle lettere 666.b e 969.b, e che noi sappiamo fu spedito in esilio, proprio nella terra di Lukka.
In 1111.b, il sovrano Hinscuppapandira’hinu scrive al Faraone Pupo I (che si lamenta di una corazza promessagli in dono), giustificando il ritardo nella fornitura di lame di ferro; la colpa sarebbe da imputare a un funzionario locale incapace, certo Karciuphinu, che noi sappiamo essere ancora segretamente devoto al nonno del sovrano, il vecchio Shuppipandira'hinukhaliya, i due erano probabilmente ancora alle prime armi nel dominio delle arti metallurgiche; fuggito il funzionario inetto nella regione limitrofa di Lukka, a questo punto tocca al sovrano prendere in mano la situazione, e il forno, e volgere la drammatica questione a suo favore. Bisognerebbe sapere dov’è andato a finire il coperchio della cantinflora… La tavoletta presenta minime incomprensioni e oscurità, da imputare sicuramente ad uno scriba distratto, Buona, buona la trovata! Vada, vada: la comprerebbe anche così! Per esempio l’invito del re allo scriba Mosè di lasciare la presa sulla cesta è interpretato come un oscuro ordine al guardiano della fornace, ebbene proprio da questi fraintendimenti appare luminosa la presenza nell’archivio di Favbrillhà di un’aneddotica paleobiblica [rumori, fischi, pugni sul tavolo]… Fondamentale, non lo dirò mai abbastanza, è la copiosa (e per me commovente) presenza di un’onomastica biblica, per esempio in questa lettera i nomi Mosè, Kapretta e Ginevra, nell'archivio di Favbrillhà… [applausi, fischi, rumori] Dal contesto si evince che la lettera è stata scritta in primavera, o al più tardi in estate, ma di quale anno lo sa Iddio! Probabilmente la lavorazione del ferro del cielo era affidata ai contadini. Io invece credo che sia solo un abile espediente diplomatico del re di Orzowei. Dice di non avere lame e intanto ecco ne spunta una dal cilindro, pronta per essere impacchettata e spedita al Faraone…
Si godèttero, si godèttero e a me nulla, mi dèttero; e’ mi dèttero un uccellino: uccellin verderiò fammi più bello di quel che non so’.
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