Un canile lager, come ce ne sono tanti in Italia. I cani, all’avvicinarsi di un visitatore, spingono il muso e le zampe tra le sbarre della recinzione, perché comunque vince il desiderio del contatto con l'essere umano, anche in un canile-lager. I cani vivono in recinti di sabbia e fango. I cani dormono e sognano del sole e di una stagione di leggerezza infinita e di strade secondarie deserte, liberi corrono i cani nel sogno ma dormono in pozzanghere di fango. E le mangiatoie traboccano di acqua e di fango. Un cane vicino alle sbarre è accucciato, non vedete che quel cane sta morendo? Il cane si sente osservato e faticosamente si alza sulle zampe e scodinzola incerto e felice. Quel cane è come il vento di marzo. E come il vento, il suo essere è trascendere se stesso. Quel cane non è più corpo, è solo inquietudine. Quel cane non è più corpo, è solo inquietudine e tremore.
Quel cane non era più corpo, solo inquietudine, solo tremore, solo un ultimo soffio di vita su questa Italia che corre felice verso le idi di marzo.
martedì 2 marzo 2010
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