domenica 29 novembre 2009

Anabasi di una frase (parte III)

Ladies and Gentlemen, questo è il post di mezzo, chiave di volta, soglia di passaggio, volendo anche il ponte dell’asino, della serie dei post dedicati alla scoperta del significato di una frase misteriosa, copiata da un romanzo di Verne (*), cercherò di capire, e nei limiti del possibile, spiegare cosa ho capito dell’essere citato nella frase colorata in azzurro, e le due cose accadranno in sincronia perfetta, grazie appunto alla sincronicità (così definita da C.G. Jung dopo che cadendo malamente si era rotto un osso di una gamba e fu colpito temporanemente da glossolalia): le dita battono sulla tastiera, la mente s’intrattiene piacevolmente con uno straniero misterioso.

Le oloturie sono piante, animali, virus, batteri o ciottoli levigati dalla corrente di un torrente montano? Questo è il nocciolo del post.

Sicuramente non sono sassi, ma organismi viventi, perché una tradizione culinaria millenaria proibisce, anche al refrattario alle usanze terrestri e tetragono capitano & ingegner Nemo, di cibarsi di sassi.

Gli organismi viventi si ordinano seguendo una struttura gerarchica di classificazione, elaborata, limata e messa a punto nel corso degli ultimi due secoli dalla comunità scientifica (nell’immagine vedi due esemplari di membri della comunità scientifica), tuttavia il contributo decisivo nel metodo d’ordinamento adoperato si deve ad Aristotele, filosofo greco vissuto più di duemila anni fa. Il metodo aristotelico si basa sulle scelte binarie, vale a dire esistono solo due scelte, due scatole, non esiste una terza scatola. Ad esempio, codesto insetto sulla parete, o possiede le ali o non le possiede. Non le possiede. Bene, o ha sei zampe o ne ha otto. Ne ha otto. Se ne possiede otto non è un insetto, è un ragno… o un gambero, ma sicuramente non è un insetto. E che ci fa un gambero sul muro? Allora è un ragno. Impossibile, è troppo grosso per essere un ragno toscano. Be’, allora non può che essere un gambero mediterraneo, o comunque un crostaceo, perché, come ha detto Sherlock Holmes, eliminato l'impossibile, quel che resta, per quanto improbabile, deve essere vero. Elementare Watson. Questa frase Holmes nei romanzi non l’ha mai pronunciata, solo nei films, Holmes la ripete ossessivamente, come fosse un mantra nipponico. Semanticamente citando, una pellicola cinematografica ha pari dignità e testimonianza di un testo, e poi i gialli sono stati scritti dal dottor Watson, che non voleva certo essere ricordato dai posteri come l’anello debole e il grullo della coppia. La forza di una catena è data dal suo anello più debole. E questa è la teoria darwiniana dell’evoluzione delle specie, in sintesi.
E via via, dividendo il creato, binariamente parlando, con il metodo aristotelico-holmesiano, potremmo insegnare ad un robot a muoversi e interagire nello spazio antropizzato, così che sarà in grado di porre in essere opposte strategie, se collocato in spazi umani dissimili, ad esempio, l’asettica cucina di un appartamento e la sala dei crostacei del museo zoologico cittadino.

Ora, il solito lettore astioso si ricorderà di aver trovato, un giorno, un millepiedi avvoltolato a palla, mentre sciacquettava il lattughino nell’acquaio del tinello, e legandoselo al dito, l’astio non il millepiedi, me lo farà sicuramente pesare. Va be’, torniamo a capo, cioè alla struttura gerarchica di classificazione, perché devo ancora elencare i livelli della struttura. E questi, in ordine crescente d’inclusione di tipologie d’esseri viventi (che nuotano, volano, radicano, strisciano e zampettano), sono: la specie, il genere, la famiglia, l’ordine, la classe, il phylum e il regno.

Se una sera d’autunno umida e piovigginosa mettiamo una oloturia (si trovano nei negozi specializzati in articoli da viaggio e sport estremi) in un vasetto vuoto di marmellata, la ricopriamo di latte e la lasciamo a mollo tutta la notte, la mattina di poi siatene certi e convinti che non troverete né lo yogurt né il kefir, né tanto meno la birra, ne consegue ed è lampante, non solo per il mite muratorino ma anche per il duro Stardi, che l’oloturia non è un lievito, inoltre nessuna cellula dell’oloturia è in grado di sintetizzare la clorofilla, e quindi non è neppure un particolare tipo di batterio. Adesso affermiamo che non è un batterio in generale e si fa prima, e neanche un virus, questa strana creatura che tuttalpiù è ospite del batterio malato, e ne condiziona il comportamento, così nei cani infetti e si chiama rabbia, così nei fanatici umani e si chiama “eccesso di zelo religioso”. Infine, le cellule dell’oloturia sono separate dall’ambiente da una membrana che consente il passaggio selettivo di sostanze: non sono cellule vegetali. Può un organismo composto di cellule animali (ricordate Aristotele?) essere un vegetale?, sì ma è roba da Fisiologo, come la pecora con il vello d'erba. Basta così, l’oloturia è un animale pluricellulare, e non un vegetale.
Punto e a capo.

Esclusi i vegetali, che stanno lì e non fanno male a nessuno, esclusi anche lieviti, virus e batteri, in materia di grosse bestie, non si può non prendere le mosse dalla fonte tradizionale per eccellenza, quella biblica di Genesi, I. 20-25:

Poi Dio disse: “Producano le acque in abbondanza animali viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l’ampia distesa del cielo”. E Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, i quali le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, ed ogni volatile secondo la sua specie. E Dio vide che questo era buono. E Dio li benedisse, dicendo: “Crescete, moltiplicate, ed empite le acque dei mari, e moltiplichino gli uccelli sulla terra”. Così fu sera, poi fu mattina: e fu il quinto giorno. Poi Dio disse: “Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie”. E così fu. E Dio fece gli animali selvatici della terra, secondo la loro specie, il bestiame secondo le sue specie, e tutti i rettili della terra, secondo le loro specie. E Dio vide che questo era buono.

Orsù, riprendiamo il metodo aristotelico e chiediamo alla nostra oloturia, dopo averla tolta dal barattolo di marmellata, possiedi o non possiedi le ali per volare? Non ho testa né occhi per guardarti, né orecchie per ascoltare la tua domanda e neppure un apparato vocale adatto per poterti rispondere a tono, in ogni caso, anche se sono fatti personali, rispondo che non ho le ali, e prevedendo la tua prossima domanda oziosa, no, neppure le zampe. Ci sarà, a questo punto del post, qualche lettore un po’ malizioso che esclamerà, sei proprio messa male, mia povera e disgraziata oloturia. Eppure, secondo la teoria dell’evoluzione delle specie anche noi un giorno avevamo forma e stile di vita simili alle attuali oloturie, miti e pacifici strisciavamo sul fondo degli abissi del mare, suzzandone il fango, poveri e nudi, felicemente all’oscuro della superbia degli ingrati eredi.

Secondo il dettato biblico l’oloturia sarebbe un pesce, e correggendo leggermente il tiro si può ipotizzare che un pesce non è ma sicuramente appartiene al phylum degli Echinodermi. Ho saltato qualche passaggio nella dimostrazione. Comunque, gli echinodermi sono animali esclusivamente marini e vivono sui fondali, sono dotati di un endoscheletro calcareo, e sono generalmente ricoperti da protuberanze e aculei. Nel caso particolare, la forma delle oloturie è cilindrica, a barilotto. In condizioni di forte stress ambientale gli echinodermi si autorompono, per esempio espellendo i visceri, rompendo le parti distali del corpo, per esempio le braccia nelle stelle di mare. L’animale tuttavia non muore, mi spezzo ma non mi piego è il motto dell'echinoderma, a meno che non espella i gangli cerebrali, che tutto gli ricresce, felicemente come la coda alla lucertola, meno i gangli. A noi esseri umani, con antenati in comune con il phylum degli Echinodermi, sono rimasti solo i modi di dire, le frasi fatte, basta mi sono rotto, mi spezzo ma non mi piego, ecc.

L’oloturia è comunemente detta cetriolo di mare, e da qui forse per analogia, la conserva di oloturie del cuoco del Nautilus, perché Nemo sente sempre un’imperiosa necessità di imitare pietanze e ricette della terra ferma. Questi cetrioli però aborrono il sole almeno quanto i Testimoni di Geova aborrono la barba, hanno una vita essenzialmente notturna, i cetrioli non i Testimoni che sono attivi essenzialmente la domenica, sono cetriolini by night :) e pare tendenzialmente velenosi, infatti, le abbronzate genti del Pacifico usano fare a pezzi i cetrioli di mare e spremerne il succo nelle pozze delle scogliere per stordire i pesci.
E se così fanno le genti del Pacifico, lo faranno anche i malesi, forse.

Alla prossima puntata per studiare la connessione fra la conserva di oloturie del capitano e i malesi.

(*) Assaggiate tutti questi cibi; ecco una conserva di oloturie che un malese direbbe senza rivali al mondo; ecco una crema di latte fornito dalla mammella dei cetacei, e lo zucchero dai grandi fuchi del mare del Nord, e infine permettetemi di offrirvi marmellata di anemoni che sono migliori dei frutti più saporiti.
J. Verne, Ventimila leghe sotto i mari



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