"La nebbia è il fenomeno meteorologico per il quale una nube si forma a contatto con il suolo. È costituita da goccioline di acqua liquida o cristalli di ghiaccio sospesi in aria. A causa della diffusione della luce solare da parte dell'acqua in sospensione la nebbia si manifesta come un alone biancastro che limita la visibilità degli oggetti". (Wikipedia)
nebbia [...] Offuscamento, di passione, ignoranza, [...] Macchie della cornea trasparenti, sottilissime, superficiali, di color bianco ceruleo, che offuscano la vista [...] (Vocabolario Zingarelli).
E' novembre, un mese febbrile e nebbioso; ed eccoci qua a parlare della nebbia, ché dell'influenza suina se ne parla già abbastanza.
In particolare vorrei evidenziare una connessione che ho trovato tra la nebbia presente in un capitolo del Viaggio dell’elefante di José Saramago e la nebbia presente nel capitolo 15 di Huckleberry Finn di Mark Twain.
L'invisibile soggetto narrante, cioè Saramago, nell’osservare il triste caso del parroco del paesino che credendo di fregare l'elefante maledicendolo con l'acqua marcia di fogna, è da questo gentilmente spintonato giù nel fango della strada, ha perso di vista l’elefante e la scorta, inghiottiti dalla bruma e dalla storia. Una bruma densa come purea, “neppure sfiorando col naso la terra si riuscirebbe a scoprire che qui c’è passata gente”. Ma il soggetto narrante, invece di affrettarsi, si attarda, riflette sul fatto che nessuno a Lisbona ha pensato bene di portarsi dietro due o tre cani. “Un cane è un’assicurazione sulla vita, un fiutatore di piste, una bussola a quattro zampe. Basterebbe dirgli, Cerca, e in meno di cinque minuti ce l’avremmo di ritorno, con la coda scodinzolante e gli occhi brillanti di felicità”.
Sicuramente i compagni della carovana si sono accorti della mancanza dell’assente, un paio di loro si saranno offerti volontari per tornare indietro. Intanto l’autore che se ne stava seduto, in attesa del soccorso umano, ora si è alzato, e ha fatto il primo passo, passo che gli ha causato una serie di angosciose riflessioni, e “senza un cane lì ad asciugargli le lacrime”. Tutto sembra perduto, soprattutto è perduto l’elefante, e quindi è perduta la storia, che non può più andare avanti (quanti romanzi sono finiti nel nulla, a dormire sogni di morte chiusi in un cassetto). L’autore si è seduto a terra, e nel “giro di tre minuti” si è addormentato. “E’ sprofondato nel sonno, e c’è da credere che ancora oggi sarebbe lì a dormire se salomone non avesse emesso, all’improvviso, in qualche parte del nebbione, un barrito assordante…”. Da questa opacità della mente, da questa comatosa stanchezza l'autore viene salvato da un barrito sonoro dell'elefante. Poi saranno tre, i barriti, che consentiranno all’autore di ritrovare l’elefante nella nebbia e proseguire la storia.
Nel capitolo 15 del capolavoro di Mark Twain il soggetto narrante (Huck Finn) è su una barca e perde di vista la zattera con Jim, a causa di un enorme banco di nebbia. Finalmente, dopo molta angoscia e fatica, Huck riesce a ritrovare la zattera, dove Jim, esausto per il gridare e il dolore e il pianto si è addormentato. E Huck gli gioca uno scherzo, gli dice che è stato solo un sogno. Poi si pente e chiede scusa (ad un "essere inferiore"), e cambia la lingua e crea un mondo.
I critici sono concordi nell’attribuire alla nebbia in HF un significato simbolico, di un’opacità della coscienza che impedisce di vedere l’unità tra due individui portati dalla stessa corrente, sulla stessa zattera.
E’ questa opacità dell'io che spinge Huck allo scherzo, perché dai tempi dei sumeri noi "esseri superiori" (basta poco per esserlo, ad esempio essere cittadini italiani... appunto, poco) adoperiamo un linguaggio scherzoso o di scherno con i "diversi", che non osiamo chiamare “esseri inferiori”, ma semplicemente inferiori, lo stesso linguaggio scherzoso lo usiamo con gli animali, ad esempio con i cani o gli elefanti da circo. Un linguaggio scherzoso che si muta in azioni. Non avete mai visto un elefante in equilibrio su una palla, un cane che dà la zampa?
Un linguaggio di scherno che continuerà a mutare in azioni. Avete mai visto un lager, o un mattatoio?
Ma se la nebbia è un sintomo della malattia, è anche la cura della malattia, perché nel perderci ci ritroviamo: smarrendo l'io ritroviamo un noi.
Niente paura, son cose di fantascienza, accadono solo nei film e nei romanzi d'autore.
martedì 17 novembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento