sabato 26 dicembre 2009

Commento a un commento ai PS (n. 6)

E con questo fanno 100 post. Ho vinto qualcosa? Eh? che ho vinto? una statuetta in gesso della torre di Pisa!?

Sempre dal capitolo quinto dei Promessi Sposi. Padre Cristoforo è dentro il palazzotto di don Rodrigo. Tra strida di mastini e cagnolini, borbottii, flatulenze e meteorismi vari di un vecchio servitore sgrullo, e le argute ciacole dei due bravi caccolosi alla porta, il padre è finalmente introdotto al cospetto del magnifico signore, don Rodrigo (‘a bestia). La bestia è al pasto con i soliti quattro amiconi del bar (il conte Attilio, il signor podestà, il dottor Azzecca-garbugli, e due convitati oscuri che pensano solo a sbafare, trincare, ghignare a questo e a quello e a dir di sì col capo), e dunque son cinque gli amici. Padre C. ha interrotto, involontariamente, una piacevole conversazione seicentesca, quasi una discussione, pare un litigio dalle urla, insomma una questione che gira attorno ad un dubbio più che legittimo, che parrebbe di lana caprina. Ma i quattro vedono entrare la tonaca di padre C., si darebbero di gomito se il Galateo non lo proibisse tra gentiluomini qual sono, e ne approfittano subito per farla arbitra della questione (la tonaca del frate cappuccino):

"[…] “Il fatto è questo,” cominciava a gridare il conte Attilio.
“Lasciate dir a me, che son neutrale, cugino”, riprese don Rodrigo. “Ecco la storia. Un cavaliere spagnolo manda una sfida a un cavalier milanese: il portatore, non trovando il provocato in casa, consegna il cartello a un fratello del cavaliere, il qual fratello legge la sfida, e in risposta dà alcune bastonate al portatore. Si tratta…”
“Ben date, (28) ben applicate,” gridò il conte Attilio. “Fu una vera ispirazione.”
“Del demonio”, soggiunse il podestà. “Battere un ambasciatore! persona sacra!…” […]”

(28) Ben date, ecc. Quanta naturalezza in questa interruzione, che riapre la discussione!

La questione ruota sulla “licenza”, il messaggero (secondo l’autorità del Tasso, “che sapeva a menadito tutte le regole della cavalleria”) doveva chiedere la licenza di parlare liberamente, non l’ha fatto il tapino o il superbioso, questo la storia non dice se tapino o superbioso, e si becca secche le quattro bastonate sulla schiena, assaggia la legna dei boschi padronali come un servo qualunque. Vedi bene che tanto fumantini i nostri antenati non erano mica, sembrano vivere come bestie nello strame di un secolo di merda, e invece eccoli lì lucidi e svegli, a ragionare in punta di fioretto, con i codici alla mano, anche quando hanno il viso rosso dall’ira e il fiato grosso. Come non dare ragione al conte Attilio, come non dare torto al signor podestà. E padre C.? obbligato a dire la sua cincischia sommessamente che non ci dovrebbero essere né sfide, né portatori, né bastonate. Ma in che secolo crede di vivere padre C.?, forse nel secolo XXI, e in Italia? Uno come padre C. è nato in anticipo di quattro secoli almeno, oggi sarebbe l’ospite d’onore tra gli ospiti delle trasmissioni di Costanzo, Vespa, Santoro & soci. Che son tutti bontà e divozione.
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