martedì 23 febbraio 2010

Bestiario n. 10 (Bruce)


Cos’è un bestiario? qui Wikipedia aggiunge una parola in latino, e allora qui ci starebbe bene quel terribile monaco tedesco, se ne andava in giro con una scintilla nell'anima, e camminando guardava le pozzanghere sulla strada, immaginava lucidi specchi immersi in catinelle piene d'acqua riflettere il sole d'agosto, e dalla casa alla chiesa pensava una paroletta in latino e poi da quella partiva, con un sermone di due ore e mezza (anche tre, quando era particolarmente divertito, in altre parole "in vena"), in tedesco (no, non è il nostro amato pontefice), e dicono andasse così inventando una lingua dalle fondamenta; il monaco sognava di tornare a vivere, un giorno, in un luogo, quasi un'isola di pagani dei mari del sud, là dove l'angelo e la mosca e l'anima sono uguali, là dove stava e voleva quello che era, ed era quel che voleva, tutti liberi da Dio; e i fedeli, alla fine del sermone, chi saltava in aria chi batteva i piedi per terra chi parlava tutte le lingue del mondo chi piangeva chi rideva chi gridava, Siamo stati accecati dalla luce liberi come il peccato fuggitivi verso le isole dei mari del sud - tremavano i muri della chiesa, tremavano le fondamenta della Chiesa - e tutti lo imploravano di continuare e gli chiedevano ancora un bis (voi sarete testimoni di tutto ciò, perché non resterà neppure un nastro pirata, bootleggers, roll your tapes!), e chi nulla.
Niente, il bestiario era un tizio che aveva cura delle fiere (sing); era una persona che lavorava nel circo (ahimé); era però, il bestiario, anche un libro, alé, una raccolta, un catalogo di animali strani, esotici, ma impossibili da vedere, annusare, leccare, toccare, inimmaginabili ed indescrivibili come dicono siano gli alieni, essi si potevano solo sentire con il senso del prodigio, spirit of wonder, per esempio (e scusate la patetica banalità dell'esempio) camminando soli soletti in un bosco oscuro.
E il bestiario era il cugino anziano e canuto, e di secondo grado, della wunderkammer, infatti, il bestiario era un tentativo quasi disperato di uscire dalle sabbie mobili della realtà quotidiana afferrandosi alle stringhe degli stivali (a quei tempi, o si andava scalzi o si calzavano stivali, ok?), invece la wunderkammer era una spezia semi svanita, coriandoli del sahara conservati in una bottiglia di coca-cola, aeroplanino di barattoli di latte nestle in polvere, assemblato dal nomade della tenda nera e venduto al turista neroabbronzato come un barattolo di nutella, quasi cosa quotidiana come l'erba e i sassi, era ricca raccolta fallimentare di “cose strambe ed esotiche”, raccolte e catalogate da gente strana e annoiata, collezionisti che non avevano mai comprato un biglietto per l’ottovolante, che non avevano mai varcato la grande soglia salata, solo aspettavano, alla finestra, i marinai con la sacca piena di tesori di fondi di bottiglia e denti di squalo e avorio e biglie colorate. E la wunderkammer esigeva un pubblico tonto, educato all’applauso, scusate: berlusconiano, o almeno un visitatore tordo, la bocca spalancata di meraviglia per questo, per quello e per codesto, e invece il bestiario era la soffitta disabitata da spettri incapaci a parlare, ma che sapevano però cantare .
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