lunedì 15 febbraio 2010
Bestiario n. 8 (Mefisto)
Well the leader of the Pythons
Is a kid they just call Zero
Now Terry's pop says these kids are some kind of monsters
But Terry says "No, pop, they're just plain heroes"...
Nelle prime ore di un caldo pomeriggio di luglio, sulla sponda messicana del Rio Bravo, nell’estrema periferia di Pilares, Tex Willer e Kit Carson stanno davanti alla porta d’ingresso di una inquietante abitazione in stile prima dinastia d'Egitto, con le mani in mano e lo sguardo perso nel vuoto, ma poi Eusebio, l’eccentrico domestico di El Morisco, s’affaccia all’uscio con un coltellaccio in una mano e una iguana defunta nell’altra.
Caffè, whisky o tequila? chiederà il buon El Morisco, e sarà subito salotto, sotto il cielo terso azzurro del Mexico. Seduti intorno ad un tavolinetto tondo a tre zampe i due pards ascoltano la magistrale lezione tenuta dallo studioso di scienze naturali sul peyote, mescalina e funghi sacri. Tex nicchia (anche se non è mai stato un articolo di nicchia), è mai possibile che i preti si facciano le canne, e che dieci anni di cannabis in seminario siano innocui... El Morisco gli offre un pezzettino di fungo sacro, tanto per provare, e Tex parte nel cielo degli archetipi. Vede dinosauri, trafitti da frecce scagliate da centauri indiani, danzare intorno ad un tempio azteco, dalla cui sommità si alza nel cielo nero e privo di stelle una colonna di luce che si tramuta nel volto del suo antico, irriducibile Nemico. Mefisto, il bestio.
Il bestio o bestiario era un tizio che aveva cura delle fiere, era una persona che lavorava nel circo, era il bestiario, anche un libro, una raccolta, un catalogo di animali strani, esotici, ma impossibili da vedere, annusare, leccare, toccare, inimmaginabili ed indescrivibili come dicono siano gli alieni, essi si potevano solo sentire con il senso del prodigio, spirit of wonder, ad esempio camminando soli soletti in un bosco.
Il bestiario era il cugino anziano e canuto, e di secondo grado, della wunderkammer, infatti, il bestiario era un tentativo disperato di uscire dalle sabbie mobili della realtà quotidiana afferrandosi alle stringhe degli stivali, invece la wunderkammer era una spezia semi svanita, coriandoli del sahara conservati in una bottiglia di coca-cola, aeroplanino messo insieme con barattoli di latte in polvere nestle, dal nomade blu del deserto e venduto al turista neroabbronzato come un barattolo di nutella, era quasi cosa quotidiana come l'erba e i sassi di scarpata ferroviaria, quasi triste come l’erba e i sassi, ed era il ricco fallimento di una vita spesa a catalogare “cose strambe ed esotiche”, collezionisti che non avevano mai comprato un biglietto per l’ottovolante, non avevano mai varcato la grande soglia salata, e ora aspettavano alla finestra, i marinai con la sacca piena di tesori di fondi di bottiglia, denti di squalo, avorio e biglie colorate. E la wunderkammer esigeva un pubblico tonto, educato all’applauso, o almeno un visitatore tordo, la bocca spalancata di meraviglia invece il bestiario era la soffitta disabitata da spettri incapaci a parlare.
Mefisto era tutto questo e altro ancora.
Il volto spiritato di Mefisto si affacciava dalle edicole dei giornali sotto il cielo terso azzurro di Italia. Mefisto era la fantasia al potere, mai stato un’incognita, era la variabile nascosta di un’equazione algebrica senza risultato, l’urlo e la risata di un pazzoide che spezzava il tran tran delle storie di indiani buoni e allevatori cattivi. Mefisto era il vento di marzo che spazza via la polvere accumulata della quotidianità, Mefisto era l’onta del quartiere, Mefisto era un vecchiaccio scapigliato e canuto con baffi e pizzetto e con un certo talento nella magia nera.
Ma all’inizio Mefisto era certo Steve Dickart, mago prestigiatore e furbetto del quartierino, come i tanti che saltellavano, qua e là, il confine del Mexico. Quando era giovane Steve celava nel cuore ambizioni quasi normali, sognava di diventare l’imperatore del Mexico. Steve era povero e orfano ma sulla strada non incontrò mai Charles Dickens, è vero aveva una sorella alta, bionda e bella, ma poi le loro strade si divisero, lei finì sposata ad un grasso nobil’uomo francese di origine russe. Be’, anche Steve era sposato, immaginate un po’ con chi, con una cicciona, dall'aspetto di un caratello di vin santo, che bazzicava il West andando in giro su un carrozzone, facendo le carte a cow-boy tabagisti e indiani alcolizzati. Steve aveva pure un figlio della colpa, brutto come il peccato degli altri e con i capelli unti e lunghi, andava in giro con un nome da cavallo, Blacky. Ma Blacky era un cavallo perdente, non aveva mai vinto una medaglia, una di quelle che il maestro della scuola domenicale donava a chi imparava a memoria il maggior numero di versetti della Bibbia. Ecco perché Steve un giorno uscì dal carrozzone, disse al caratello che faceva un salto dal tabaccaio, tirò un ultimo ceffone a Blacky, girò l’angolo e si tuffò vestito nel Rio Bravo, e arrivato nel Mexico cambiò nome, faccia e panni in Mefisto. Sulla strada per Pilares, zufolava tra i denti una canzonetta di San Remo, che era come un infausto presagio (per lui), quella che fa, Tu sei buono e ti tirano le pietre, Sei cattivo e ti tirano le pietre, Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, sempre pietre in faccia prenderai… Par di vederlo Mefisto, mani in tasca e cuor leggero, camminare sotto il sole caliente del Mexico, solo ma in compagnia del sogno di diventare un giorno l’imperatore del Mexico, ma chi ti trova alla prima locanda dove si era fermato a bere una cerveza in compagnia di una tortilla? il raddrizzatorti e sculaccia-vecchiacci-con-baffi-e-pizzo, il solito Tex Willer, il disgraziato fu preso di mira e non riuscì più a finire un progetto in vita, e – mi scuso se faccio del gossip - neppure da morto.
Un po’ era anche colpa sua, si applicava nello studio certo ma era comunque un vecchiaccio attaccabrighe, con un self-control stile Paperino. Infatti, ricollocate nel loro posto naturale le ossa tritate - causa un volo in stile libero di venti metri, sulla sabbia e i sassi del deserto, quella volta ebbe fortuna fu salvato quando ormai era ridotto a una pallida larva liofilizzata, da un mago tibetano in esilio - Mefisto avrebbe potuto, socio d’affari con il mago tibetano, giocare bene le carte che il Destino gli aveva messo in mano, farsi una nuova famiglia, chiedere un mutuo per la prima casa, portare a spasso e far ballare sulle ginocchia ossute i nipotini Qui Quo Qua, in poche parole, gettare alle spalle il passato, macché, tosto e capatosta, voleva e doveva sempre apparire a Tex, dentro una sfera di fuoco, ma Tex era un tipo che non si impressionava per così poco, Toh!… il vecchio pazzoide, ed era tutto. E alla fine dell’incontro scontro, tra i due era sempre Mefisto ad avere la peggio: pressione alta e i capelli ritti come un riccio, perché Tex, eterna cicca all'angolo della bocca, gli prometteva sornione un sicuro viaggio, di sola andata, al frenocomio più vicino. La società con il mago tibetano ben presto fece bancarotta, e Mefisto mutò aspetto in un cencio da pavimento, causa ripetute visioni di bisce e ragni, visioni generate dal perfido mago tibetano, il povero cencio molle fu raccattato dal pavimento, e sotto braccio di un pietoso Kit Carson, deposto nel manicomio di Flagstaff, reparto dei senza speranza ma innocui.
Due anni dopo Mefisto, ripreso in mano il suo Destino e rifiutato il soprannome affettuoso di Cencio, fuggiva dal manicomio, in compagnia di uno schizofrenico, suo amico, che si credeva il Baron Samedi. I due si rinchiusero dentro un castello diroccato in Florida, e quella volta Mefisto si guardò bene di mostrarsi a Tex dentro una sfera di luce.
Adesso Mefisto faceva la tranquilla vita del pensionato, sotto il sole della Florida, tra rospi e alligatori di palude, trascorreva i suoi giorni in mezzo a sfere di cristallo, alambicchi e libri polverosi, la sera dopo cena chiedeva all’amico schizofrenico di suonare ancora una volta la sua canzone preferita, quella che fa Tu sei buono e ti tirano le pietre... Sì, talvolta si abbandonava a sghignazzi alla Dario Fo, talaltra a terrificanti urla nella notte, spesso e volentieri si trastullava con una campana, suonandola a morto, usando come batacchio un femore umano. Cose così, innocue e non sintomatiche, sopportabili dai buoni vicini pietosi (che c'è di peggio), ma Tex non era un buon vicino pietoso, e al terzo urlo notturno di Mefisto era già davanti al castello, con uno squadrone di artiglieri della cavalleria americana. Una palla di cannone centrava in pieno la cantina, piena di petardi e polvere pirica, e buonanotte a Mefisto e al suo amico schizofrenico.
Tex poteva tornare a dormire il sonno del giusto, combattere gli allevatori cattivi e difendere gli indiani buoni e ogni tanto tornare a fare visita alla wunderkammer del buon Morisco.
E Mefisto? Mefisto, di nuovo con le ossa tutte rotte, ebbe appena il tempo di mostrarsi (dentro una sfera di luce) a suo figlio Blacky, promettergli un posto sicuro all’inferno, a patto che vendicasse il suo povero babbo e, soprattutto, chiedergli di cambìare il soprannome, poi venne divorato crudo e senza sale dai topi.
Tutti sanno che Blacky promise tutto, ma riuscì solo a cambiarsi nome in Yama, ma Mefisto, che era un buon diavolo, di certo un posto a tempo indeterminato all'inferno glielo avrà trovato.
Poco tempo fa, Mefisto è ritornato dalla polvere, ha rimpolpato un po' le vecchie ossa mangiucchiate dai topi e si è abbandonato a una delle sue folli risate del tempo andato, ma il risultato suona falso, il tutto sembra una triste operazione di restyling.
Quel genio del male che svaniva nelle ombre sdraiate nelle afose sere d’estate, che spiava i passi perduti nei canyon guardando dentro una bacinella piena d'acqua, bestio sfuggito per sempre dalla wunderkammer di El Morisco e dai manicomi e dalle prigioni di questo paese normale, è finito a fare il modello in un istituto superiore di marketing.
...Oh just hiking them streets of the sky
Just walkin', hiking the streets of the sky
Just hiking the streets of the sky
Hey Zero
(*) L'immagine in alto è l'unica foto di Mefisto presente su Internet (da Wikipedia).
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