venerdì 26 febbraio 2010
Bestiario n. 11 (Magico Primario)
Un tempestoso sabato verso la fine dell’anno 1841, nella locanda Spouter Inn di Peter Coffin, a New Bedford. La locanda è una wunderkammer, oscura e fumosa, l'oste versa il rum in un bicchiere Eukanuba, e affitta camere ammobiliate con teste e divinità tascabili. Ismaele osserva un quadro con una balena che salta sopra una nave, il titolo del quadro è yepeee! Ismaele chiede ad un tizio (forse proprio al pittore), se una balena può fare questo. E il pittore gli risponde che una balena può fare qualsiasi cosa. Può saltare su come un terremoto, piombarti addosso come una montagna. Una balena può sfondare la fiancata di una nave, inghiottirne l’equipaggio, usare i remi come stuzzicandenti…
Un tempestoso sabato verso l’inizio dell’anno 2010. Toh, due tizi qualunque che cianciano in una tv locale, davanti a quadri materici astratti informale qualunque, con pezzi di un giornale qualunque appiccicati con colla qualunque, nessun senso nessun significato solo fonemi ah, oh, eh, bah! Quello che tiene il microfono in mano, è sicuramente un intervistatore generico, l’altro, che tiene le mani in tasca, è di sicuro uno specialista nell’arte di dipingere e forse vendere quadri ma quando parla non si capisce un ca[volo], vola da un periodo all'altro, da un pittore morto ad un altro defunto. Il generico fa domande qualunque all’artista con le mani in tasca e lo sguardo astioso e sospettoso, leggiamo in basso si chiama Mastro Felix Maestro. M.F. Maestro è un cannibale dei mari del sud, è nato in un posto lontanissimo, non è segnato in nessuna carta, ma i posti veri o quelli di merda non lo sono mai. I due sono stranamente amici, e spingono a turno la carretta piena colma di retorica, su e giù davanti ai quadri appesi del pittore, tutta la gente seduta ai tavoli apre gli occhi e spalanca la bocca, non tanto alla vista delle opere del cannibale, gliene importa assai (a loro basta bere, a loro basta mangiare), ma perché vogliono vedere cosa infilano in bocca. Ma poi qualcosa si spezza tra i due, improvvisamente l’incanto si rompe, come un bicchiere di purissimo vetro di cristallo cade in terra al rallentatore così noi sentiamo che è cambiata la voce dell’intervistatore, in un tono roco e chioccio, infatti, sta introducendo l’ospite, la spalla, il frequentatore assiduo di avvenimenti artistici. Così nomato, così invitato, così chiamato, ma come il vampiro delle fiabe era già li appostato (ma fuori l’occhio della telecamera), spunta da destra un omettino piccino picciò, arriva a malapena con la testa al cinturone di Maestro, con una faccia secca secca che è tutta una ruga, e una giacca smessa che è tutta una grinza, ma gli occhi lucidi provano un lavorio continuo delle meningi, o un passato di meningite, anche i peli irti e bianchi sulle guance scavate sono lì seduti sul banco dei testimoni a testimoniare la professione diurna intellettuale dell'omettino, forse medico? paramedico? addirittura dirigente d'azienda & scuola-bus? Non c’è peggior terrore, non esiste angoscia esistenziale più grande che immaginare un nottambulo critico d’arte che di giorno lavora all'ospedale; in ogni modo il critico ha un nome e un cognome, alé, si chiama come in un incubo, Magico Primario, di notte fa il critico d’arte, di giorno fa il primario all'ospedale. Magico Primario ha il preciso compito di fare UNA domanda UNA al maestro Maestro e poi uscire dal quadro televisivo. Maestro Maestro tace assorto sulle sue rapine, vibra d’astio rabbioso. Magico Primario dice, solo l’esigenza di un recupero etico e formale, solo l’impossessamento formale ed etico di una anatra grigia decapitata spennata e appesa a frollare, solo l’osservazione verticale e orizzontale, della sincronia e diacronia delle cose nello spazio, dello spazio nelle cose, potrà dare senso a questa magica notte piovigginosa di inizio primavera. Io Magico Primario in mobile mondo pongo la mia assoluta centralità di critico d’arte contro una realtà artificiale ed effimera di ghette e spaghetti e corde di violino e sgabelli e vuote ceste, tutto buttato nel cassonetto. Adesso sono pronto a scavalcare il presente, cavalcare l’anatra, sparendo (con essa) dentro al mio futuro. Quindi Magico Primario si volta e ruota la testa sul collo di gomma, maestro Maestro, se tu fossi un’anatra grigia, come opereresti? All right all right, ma adesso cambiamo di posto? Magico Primario è spinto di lato, fuori quadro, sparisce, inghiottito nella magica notte piovigginosa. Dove se n’andrà? Che fine farà? O piccolo e nero calimero, critico d’arte tascabile e personale di maestro Mastro Felix Maestro ingrato e senza cuore. Vieni, vieni sotto l’ombrello che piove. Vieni via, ma mettiti prima il cappottino… vien via, vien via, mettiti il cappottino che si va via, e fuori fa freddo, tira vento, siamo appena alla fine di febbraio. Vien via, piccolo critico d’arte, ma prima mettiti il cappottino… o Magico Primario.
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