Con questo post inizio una serie dedicata alla corrispondenza sia interna sia esterna di uno staterello, ancora ignoto il nome ma ci stanno lavorando su (notte e dì), sappiamo solo che era situato nell'Asia Anteriore Antica (ah, l'ho scritto!) e qualche millennio prima i fatti raccontati nel Vangelo di Saramago.
Per brevità e mio personale comodo i restanti post avranno il seguente titolo, CEIsAAA, numero romano progressivo.
Nella zona dei famelici Kaska fameliche cavallette hanno divorato il raccolto, assaltano il grano da Gascipura, lo divorano a quattro palmenti, non ci sono soldati, non ci sono carri da guerra, per difendere il grano. Un funzionario locale, preso atto del dramma, detta piangendo allo scriba una lettera per il re dello staterello, dice,
O Re!
Devi mandare carri [da guerra?] e guerrieri per difendere il grano maturo dalle cavallette, altrimenti sono c[avoli?] amari.
Fai [un po'] di tè. (*)
Ti saluto [con la faccia sotto i tuoi] piedi.
Incide lo scriba di palazzo tre tacche sulla superficie di una tavoletta d’argilla cruda...
Sono così lontani all’orizzonte i cavalieri, sono immobili all’orizzonte, eppure corrono come il vento i cavalieri anatolici sulla superficie del deserto, portano una lettera, una tavoletta d’argilla cotta, con il sigillo del funzionario locale. E il re, che ha già trovato la soluzione per salvare capra e cavoli, detta ridendo allo scriba di palazzo la risposta per il funzionario locale, dice,
Ho già mandato venti coppie [di cavalli?], che fine hanno fatto? e io che c[avolo?] ne so, mica sono m[ago Mer]lino.
Adesso ti manderò un formidabile [mago] che d[orme in piedi], un mago che quando per tutti gli esseri [è notte] lui è sveglio e quando [tutti gli esseri] sono svegli per lui [è] notte.
Fai un po' te.
Pensa il re di fare cosa gradita agli abitanti di quella terra perduta, una tra le tante terre del suo sconfinato regno di argilla cotta e di argilla cruda. Intanto i Kaska magri, secchi e allampanati, quelli ancora vivi sognano anche da svegli pizze al pomodoro e focacce ai quattro formaggi e panini all’olio, ché si sono stancati di cavallette arrostite, condite con miele, coriandolo e senape.
Incide lo scriba del palazzo tre tacche sulla superficie di una tavoletta d’argilla cruda...
Sono così lontani all’orizzonte i cavalieri, sono immobili all’orizzonte eppure corrono come il vento i cavalieri anatolici sulla superficie del deserto, portano una lettera del re…
Il dio della tempesta locale guarda giù e decide di intervenire, ridendo e piangendo a un tempo, un tempo di quattro quarti e ½ , soffia nuvole nere sui campi di grano maturo e sulle cavallette, elabora, disegna e progetta un altro memorabile diluvio sopra la superficie di argilla cruda e di argilla cotta.
(*) nota del traduttore, la rchiesta del funzionario di una tazza di tè era sicuramente rivolta al maggiordomo di palazzo e non al re, ma si sa gli scriba sono quel che sono, applicativi senza cervello.
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