All’inizio del tempo Dio passava il tempo giocando tutto il tempo che c'era quando era in casa con le sue creature, giocava con la palla, con la corda, con il gioco del riporto, ma, soprattutto, all'inizio del tempo Dio era un viaggiatore instancabile e curioso, non c’era un posto sulla terra dove non ci fosse già stato, locanda dove non avesse dormito almeno una notte, museo cittadino che non avesse visitato e libro dei visitatori su cui non avesse lasciato una firma fiorita di ornati e svolazzi e un breve ma significativo mito o una storiella allegra o un aneddoto o una barzelletta (mai sporca però). Dio era un mago, se esisteva un luogo, per esempio la capitale di un regno, dove non aveva mai viaggiato ecco che lo cancellava dalla memoria delle genti e dalla faccia della terra, e gli abitanti della città perduta prendevano in blocco il nome di un vizio capitale, ancora vacante e disponibile, e chi provava a voltarsi indietro capiva il trucco e ci restava di sale. Quando Dio il Viaggiatore si metteva a raccontare dei suoi mille e mille viaggi con Giobbe quello doveva uscire dalla stanza per il nervoso.
All’inizio del tempo Dio era peggio di un furetto, chi poteva tenerlo?, chi poteva afferrarlo?, chi prenderlo con le reti per forargli il naso?, o prenderlo all'amo o attaccarlo a un filo per divertir le ragazze?, e chi poteva legarlo ad una sedia ed impegnare la sua mente svagata con qualche lavoretto, per esempio l’inventario degli animali da consegnare a Noè, un attimo di distrazione del sorvegliante ed eccolo già fuori dalla finestra, a saltellare dietro le farfalle, peggio di Pinocchio.
All’inizio del tempo Dio era loquace e ciarliero, garrulo come un usignolo, e rispondeva a tutte le domande, proprio tutte anche a qulle imbarazzanti (per Lui), e non stava mai zitto, rispondeva pure alle domande senza risposta, mica si perdeva d’animo, improvvisava, era un talento nato, si metteva a raccontare una storia e piano piano portava l’esaminatore fuori pista, lo conduceva nel deserto e lo accoppava con la sua logica accuminata, poi lo seppelliva sotto un cactus. Se l’esaminatore gli chiedeva qualche delucidazione sulla transubstanziazione, ecco che partiva con la Genesi e prendeva l'esaminatore per fame, sete e disperazione.
Un tardo pomeriggio di luglio Dio era lì che vagava nel Camerun (*) e vide un camaleonte su un ramo, assorto in mistica contemplazione, gli occhi fissi nella straziante bellezza del creato. E Dio si ricordò che doveva ancora decidere il destino degli esseri viventi, e, come gli capitava spesso a quei tempi, volle affidarsi alla sorte, purtroppo quel giorno non aveva in tasca neppure una monetina da cinque centesimi, allora afferrò il camaleonte per il collo scuotendolo come un topo in bocca al gatto. Tu maledetto camaleonte scoglionato, sveglia! Corri ad annuciare agli uomini la resurrezione dopo la morte. Quando il camaleonte era già un puntino spaurito e strillante all’orizzonte Dio si accorse di una lucertolina che se ne stava beata su un sasso ad abbronzarsi tutta nuda, e le tirò un sasso, tanto per non perdere l’abitudine, e ovviamente fece centro (che in queste cose Dio era un Dio), e alé via la coda, Tu maledetta lucertola scodata, sveglia! Corri ad annunciare agli uomini la morte senza ritorno. Ma prima Dio le promise che se fosse arrivata prima del camaleonte le avrebbe riattaccata la coda con la colla uhu.
Eccolo là sprofondato in un’enorme poltrona tappezzata di pelle cangiante di Altair IV, di un color fulvo tendente al giallo, con gli occhi come una fessura, occhi verdi di ramarro, e le mani unite per i polpastrelli delle dieci dita, e sulle labbra sottili aleggiare il soffio di un sorriso ionico.
Uhu!, disse la lucertolina, che capiva il giusto, e via alla rincorsa matta del camaleonte. La lucertolina raggiunse il camaleonte e gli disse, Amico vai piano, chi va piano va sano e va lontano, non vedi che scuoti il mondo? Poi preso il vantaggio annunciò la morte senza ritorno agli uomini, che sentitamente ringraziarono.
Da quel tempo mitico che è solo leggenda, o da quel tempo leggendario che è solo mito, alla lucertolina Dio riattaccò la coda, come promesso, e in seguito, che era un tipo distratto, gliene attaccò un'altra, Allegria! ché piove sul bagnato. La lucertolina se ne sta nascosta sulla porta del Duomo di Pisa, ma gli esseri umani la toccano e l’accarezzano tutti, dicono che porti fortuna. A forza di toccarla e accarezzarla è diventata così lucida che sembra non più di bronzo ma d’oro zecchino, ancora un po’ e l’oro zecchino sembrerà trasparente come aria, ma gli addetti all’Opera del Duomo sono corsi al riparo (anche a Pisa piove) e hanno transennato la porta.
E il camaleonte? Be’ il poveretto da allora ha imparato a roteare gli occhi in modo indipendente. Non sia mai che Qualcuno sopraggiunga alle spalle, con passo felpato e un messaggio urgente da consegnare.
(*) "Con il rospo, la lucertola svolge un ruolo importante nelle leggende sulle origini dei popoli del Camerun. Essa interviene soprattutto nelle leggende sull'origine della morte:
All'inizio Dio inviò due messaggeri sulla terra: il camaleonte doveva annunziare agli uomini la resurrezione dopo la morte; la lucertola portava l'annunzio della morte senza ritorno. Il messaggero che fosse arrivato primo avrebbe prevalso. La lucertola ingannò il camaleonte e gli disse: 'Vai lentamente, lentamente!... se corri scuoti il mondo!'
Poi preso il vantaggio annunziò la morte senza ritorno."
(J. Chevalier, A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Rizzoli).
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mercoledì 27 gennaio 2010
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