domenica 11 ottobre 2009

La soffitta (3)

Quella domenica di Pasqua dell’anno 2036 doveva essere, per gli oggetti addormentati in soffitta, un giorno come un altro. In fondo che fosse Pasqua, Natale, ferragosto o il 24 Giugno agli oggetti in soffitta non interessava; essi dormivano, un sonno forse inquieto, sicuramente duro come il marmo. Anche l’armadio non era da meno, nonostante il suo ruolo di bel tenebroso recitato sul palcoscenico polveroso della soffitta, era o meglio non era che un oggetto, una altra cosa dimenticata, che si ricopriva pian piano di polvere, solo soletto. Ma alle ore nove del mattino le ante della cristalliera si erano spalancate, come per una folata di vento proveniente dall’interno dell’armadio, e alcune foglioline gialle, accartocciate come patatine fritte, si erano allontanate dall’armadio, crepitando e saltellando tutte stizzite sulle mattonelle grigie. Ora l’interno dell’armadio era ben visibile (no, nessun ripiano), ed era colmo di una materia fluida di colore perlaceo. Un fluido verticale che ruotava silenzioso su se stesso, descrivendo una spirale, formando un gorgo antiorario. Una visione da film horror di serie B, ma sufficiente a far sollevare due martelletti della macchina per scrivere e a intrecciarli insieme in un abbraccio di paura; a provocare numerosi giri di manovella alla vecchia macchina per cucire; a far tremare in un lungo brivido gelido tutti gli ossicini del gatto scheletrito, dalla punta del naso fino all’ultima vertebra caudale che si staccò; ad inarcare ancora di qualche grado la schiena al centauro chiomato. E forse la veduta equina aveva approfittato della diffusa e oggettiva inquietudine serpeggiante tra gli oggetti per espellere un crine di cavallo spurio con un calcio nella parte prossimale (non è un crine di cavallo, era stato il verdetto di alcuni marroni secchi d’ippocastano, domiciliati dentro una ciotola posta sopra il tavolino a tre zampe, e che non si facevano mai i cazzi loro).
E tutto questo demoniaco pandemonio solo per essere stati involontari testimoni muti di un evento metafisico; veramente, gli oggetti che dormono nelle soffitte sono troppo materialisti, sarà la polvere? Certo, se un osservatore umano fosse stato presente in soffitta avrebbe obiettivamente preso nota, sul suo taccuino moleskine, dell’evento metafisico e della reazione degli oggetti; ma nessun osservatore umano era presente in soffitta quel mattino di Pasqua (il ragazzo era già sul tetto e la vecchia signora in soffitta non ci saliva più da anni), così si può solo immaginare la straordinaria meraviglia suscitata negli oggetti nel vedere uscire con un balzo dal fluido perlaceo due esseri dall’aspetto umano, un maschio e una femmina, nel vederli inciampare in alcune sfortunate cornici in orone scrostato, là addormentate - a loro eterno disdoro – proprio in prima linea davanti all’armadio, e terminare l’esibizione con una capriola sul pavimento (l'esemplare femmina), e un doppio salto mortale concluso con un avvitamento antiorario sulla testa (l'esemplare maschio).
Passato l’evento solo il silenzio era regnato tra gli oggetti contorti e pietrificati in un crampo di doloroso stupore. Essi tentavano di ristabilire un ordine naturale, di capire la causa che aveva scatenato l’evento, ma già il fluido verticale era svanito in una impalpabile nebbiolina di marzo. Ristagnava nell’aria viziata della soffitta un lieve odore di sciroppo di orzata. Lo straordinario evento non era durato più di un minuto d’orologio. Ora la soffitta era abitata da due creature aliene sedute sul pavimento, che si guardavano attorno come bambini in un bosco.
Se immaginare è lecito, descrivere non è questione di cortesia, infatti qui lo storico si ferma, mette punto e va a capo, perché manca, sulla scena del crimine, il testimone oculare. Colui che si alza in piedi ed esclama: io so in quanto ho veduto; io, soldato spartano, ho veduto il tumulo eretto nella pianura di Maratona, dove 192 ateniesi persero la vita ma fermarono l’avanzata dell’orgogliosa barbarie; io ho visto lo stolto leccare il barattolo del miele dall’esterno, camminare a testa in giù, dormire con un cane; io ero a Qadesh alla finale di coppa dell’anno 1293 a.C. combattuta tra gli Ittiti di Muwatalli e gli Egizi di Ramesses e ho visto chi ha vinto, anche se poi Faraone d'Egitto si era incensato campione del mondo in ogni villaggio di fango e in ogni città di mattoni cotti al Sole, dal Basso all’Alto Nilo.
Ma 'sta volta nessuno si era alzato. E gli oggetti in soffitta? Gli oggetti, come gli animali, non hanno personalità giuridica e dunque non possono testimoniare.
Se solo si potesse tornare indietro nel tempo, quanto basta per chiamare con un cenno della mano il testimone di Geova passante giù in strada, il tempo sufficiente perché ascenda in soffitta, e poi mentre salmeggia e saliva vedere, attraverso i suoi tondi occhi glauchi, della nave in porto il rispiegare le vele e riprendere il vento e ritornare al largo, nel vasto mare aperto.
O se si potesse essere della Penelope notturna il fedele Argo, sdraiato ai piedi in attesa di Nessuno, e vederla sciogliere i nodi nella trama che la Penelope diurna intrecciava sulla tela, tessendo e ritessendo senza fine la trama del futuro per i gonzi Proci in attesa, seduti fuori l’uscio di casa.
Vane fantasie, né i grandi eventi sedimentati nelle pagine dei libri di storia, né i piccoli eventi dissolti in polvere lungo le strade, sui posti di lavoro, nei letti di ospedale, negli interstizi nel muro del pianto della Storia potranno essere ripetuti, tornare in vita; la storia non è scienza galileiana. (#)
Va be', ma a Qadesh hanno vinto gli Ittiti. (*)

(#) "Diciamo subito che la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati [...] Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche [...] Se l'uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l'esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l'oscurantismo moderno, si".
(Antonino Zichichi, Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo Tra fede e scienza, Il Saggiatore, Milano 1999, pp 82-85).

Citazione copiata da un sito.

(*) Claudio Piccini, Erbe aromatiche e frittelle di riso (bozza, luglio 2008, con minime variazioni ora. Nota bene che la nota # è solo una puntualizzazione ad uso post).

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