martedì 6 ottobre 2009

Paese d’Ottobre n. 6

Sul tavolo accanto al portatile ho una copia di un libro di Emilio Cecchi intitolato, semplicemente e con squisita modestia, Firenze (editore il vecchio Mondadori, quello di Topolino, l'anno il 1969). Il libro l'ho comprato su Maremagnum, ed è usato. Ci sono sottolineature e riflessioni del precedente possessore del libro, scritte a matita. Mi piacciono i libri usati e commentati, soprattutto se i commenti sono scritti con il lapis. Già nella seconda pagina c’è una annotazione:

Mattino di fine Primavera: sole caldo e nubi procellose su sfondi di azzurro oltremare.
16 giugno 1972


Le annotazioni e le sottolineature sono come una guida alla raccolta dei saggi su Firenze di Emilio Cecchi. Talvolta alla fine di un paragrafo c’è un breve tratto a matita, come un segno a significare una sosta, una pausa di riflessione. Il lettore pare intimamente solidale col Cecchi, che così scrive a proposito del Diario postmoderno del Pontormo:

Nel diario sono segnate piccole novità ed incidenti: l’uomo che viene nell’orto a legare la vigna; o il garzone e figlioccio che, una volta che il Pontormo è malato, resta fuori tutta la notte lasciandolo solo come un cane, “talché io l’arò a tenere a mente sempre”. Il Berlingaccio del ’55, mangiano col Bronzino la lepre, eppoi vanno a vedere “le bagatelle”; che saranno state qualche meschino trattenimento di maschere e suonatori. (*)

Il lettore segue l'Emilio passo passo in quella primavera dell'anno 1972; per esempio le “infermità pestifere” paventate dal rancoroso e strambo pittore dal carattere di vecchia suocera bizzosa sono così commentate dal lettore-nuora: forse una specie di forma influenzale.

Quello che non capisco nel lettore è l'animo da correttore di bozze che qua e là fa capolino; per esempio dove nel libro c’è scritto “sia pura ispirata al pessimismo più nero”, il lettore corregge in pure. Mi chiedo qual è lo scopo di correggere una copia di un libro stampato? Lettore, se sei capace di beccare un errore oggi, lo sarai anche domani, e se domani non ne sarai più in grado, dimmi a che ti servirà la correzione scritta a matita?

Questa sarebbe la riflessione autunnale del post.

Poi, volendo, il consiglio è di lasciar perdere Cecchi e leggere Saramago, del suo correttore di bozze e del suo coraggio di cambiare la Storia.
E, infine, il consiglio gratis, ma non gratuito, di fuggire da una stanza dove tutti sono d'accordo.

(*) E. Cecchi, Firenze (Mondadori, 1969)

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