domenica 20 settembre 2009

Dalle ceneri del tabacco al miele dei fuchi marini (Wunderkammer n.4)

Come ho scritto in un post della serie dedicata alla wunderkammer, una “camera delle meraviglie” (o semplicemente un generico elemento w di W) può anche essere una camera che non rientra completamente, o affatto, nella definizione canonica di W, e cioè l’insieme di tutti i w contenenti manufatti, oggetti strani e reperti della natura. O, in altre parole, manufatti, stramberie e reperti naturali provenienti da ogni angolo del mondo erano amorevolmente custoditi, con un ordinamento puramente casuale, in stanze qualunque e senza nome che successivamente presero il nome di wunderkammer dall’esclamazione di meraviglia del visitatore e ospite del collezionista.

Una collezione di elementi w dell’insieme W formano un sottoinsieme W’ definito come l’insieme delle “camere delle necessità appagate” (o semplicemente l’insieme W’ degli elementi w’). In che senso? C’è un tizio x che entra in una stanza qualunque y con una necessità qualunque in testa, afferra visivamente il contenuto della stanza, ed esulta in esclamazioni di meraviglia e zompi pindarici, lì in quella stanza, in quella piccola porzione dell’ecumene, o, in altre parole, là in quella piccola zona della parte non acquorea del globo terrestre il tale ha trovato la più completa ed esaustiva soddisfazione alla sua necessità, qualunque essa sia (sia detto tra parentesi un qualsiasi elemento w’ appartenente all’insieme W’ non ha nulla in comune con la “camera delle necessità” di Harry Potter, essendo quella una stanza magica e queste stanze reali).
Vedi un esempio di w’ nel post Wunderkammer (3).

Ora, un particolare sottoinsieme di W’, che chiameremo W”, è l’insieme degli elementi w” che pur non avendo l’aspetto e la forma canonica di stanza sono comunque recipienti, contenitori, scatole o piani di appoggio di manufatti, oggetti strani e curiosi e reperti naturali. Un classico esempio di elemento w” è mostrato in questa immagine (presa dal film Il buio oltre la siepe):



Una analisi, anche solo superficiale, della “scatola delle meraviglie” non può essere affrontata adesso, cioè in questo post. Mi riservo di trattare in modo esauriente tale elemento w” di W” prossimamente su questo blog. Ma adesso sono spinto da altre motivazioni e urgenze, insomma mi frullano in testa forchette, coltelli e sedie. Così l’elemento w” di questo post sarà una tavola imbandita di piatti strani ed esotici. E dato che l’abbiamo estratta da un insieme particolare o sottoinsieme dell’insieme di tutte le wunderkammern abbiamo ancora una wunderkammer. Siamo a un passo dell’abisso della Logica, ma c’è sempre un sentiero, un appiglio, una cengia, a cui afferrarsi.


Il capitano del Nautilus, il misterioso Capitano Nemo, e i suoi tre ospiti-forzati: un professore di scienze naturali, il suo servitore Consiglio e il fiocinatore Ned Land. Il professore di scienze della natura non è classificabile: né carne né pesce, pare una diafana ameba moraleggiante. Il servitore del professore all’apparenza è un ottimo esperto in classificazioni e catalogazioni di reperti botanici e zoologici, ma in realtà è M il mostro di Dusseldorf.
Di Nemo sappiamo poco o nulla, solo che vuole essere appellato Capitano Nemo e non “amico” come lo chiama Ned, (inoltre desidera che il suo nome sia scritto in corsivo). Resta da esaminare il carattere del fiocinatore. Ecco come Jules Verne descrive Ned Land:

Molto alto, oltre sei piedi inglesi, di proporzioni vigorose, d’aspetto austero, poco ciarliero, talvolta violento, si arrabbiava facilmente quando veniva contraddetto. (*)

Chi ha visto il bellissimo film di Walt Disney sa che questa descrizione calza perfettamente al personaggio, proprio come una scarpa sinistra, di misura 38, al piede destro della creatura del dottor Frankenstein. Ad occhio e croce credo che Ned Land abbia, nel film, circa 9999 battute, oltre a numerosi siparietti comici e caroselli (in uno di questi ha per spalla una foca domestica, che gira per il sommergibile e fa le veci del cane del Capitano Nemo), Ned canta anche una canzoncina allegra (Ho una storia incredibile da raccontarvi, una o due storie grandi quanto una balena ecc.), schitarrando e sculettando allegramente. Ora, uno che canta che ha una o due storie grandi quanto una balena da raccontare e giura della loro veridicità sul suo tatuaggio, come può essere definito, o classificato, di carattere “austero, poco ciarliero, talvolta violento”. Violento? Mah. Facile all’arrabbiatura quando viene contraddetto? Forse, ma mai quanto il folle, fanatico e pazzoide capitano Nemo. Vero è che, a scusante di Verne, lo scrittore si era limitato a trascrivere i ricordi del professore-ameba, il solo testimone istruito, dei fatti accaduti sul Nautilus, e di conseguenza l’unico a poter parlare con cognizione di causa. Ed eccoci arrivati al nocciolo del post. Solo a un pazzo fanatico igienista ossessivo violento permaloso e vendicativo può venire l’idea di vivere perennemente sott’acqua come una spugna, elargendo a tre poveri naufraghi affamati un menù di filetto di serpente di mare, petto di pesce palla con salsa di spugna e crostacei in padella, crema di latte di capodoglio gigante, cetrioli marini canditi, soufflet di polipo nato morto (ricetta personale del Capitano, e citata nell'Artusi).


L’effetto della descrizione del reale contenuto del cibo sui naufraghi, e in particolare su Ned e M, è palese. Il professore, da vero scienziato aperto a tutte le esperienze, definisce la serpe d’acqua salata ottima, anzi migliore del coniglio (avesse trovato nel piatto un ragno di mare l'avrebbe sicuramente preferito ad una mosca nella minestra). Parlando in generale, la conoscenza diretta degli usi e costumi del cuoco che ha preparato la pietanza rende la pietanza assai poco appetibile, e una visita alla cucina di un qualsiasi ristorante la rende vomitevole. Ma Nemo elogia il suo cuoco e la sua cucina (ecco le frasi riportate dal professore-ameba e trascritte da Jules Verne):

Quello che credete sia carne, non è altro che filetto di tartaruga marina; ecco un piatto di fegato di delfino, che prenderete per un umido di maiale. Il mio cuoco è molto abile, eccellente per conservare i vari prodotti dell’Oceano. Assaggiate tutti questi cibi; ecco una conserva di oloturie che un malese direbbe senza rivali al mondo; ecco una crema di latte fornito dalla mammella dei cetacei, e lo zucchero dai grandi fuchi del mare del Nord, e infine permettetemi di offrirvi marmellata di anemoni che sono migliori dei frutti più saporiti. (*)

Il Capitano Nemo ha lasciato, e per sempre, la terra ferma. Questo è un fatto. Gira con il suo sommergibile personale, il Nautilus, in lungo e in largo gli oceani affondando i bastimenti che gli stanno antipatici a vista. Il Capitano Nemo ha lasciato, e per sempre, la terra ferma, e con essa le genti e le usanze e gli odori e i sapori e i suoni e i silenzi e le ombre di tramonti d'estate, ma si porta dietro tutto il bagaglio, ben stipato nella testa, come un mollusco che si porta a presso la casa.
Il Capitano Nemo ha un cane (ma in realtà è una foca domestica); fuma sigari avana in un locale per definizione chiuso (ma in realtà sono alghe pressate); suzza intingoli vagamente terrestri (ma in realtà sono alghe e cicorie marine e fegati di delfini). Proprio come un vegetariano che mangia solo spezzatino, cotolette e polpette di soia, beve latte di soia e caffè di cicoria e fuma sigari di soia. C’era bisogno di andare in fondo al mare, ventimila leghe sotto i mari? Tanto valeva fare la spesa una volta alla settimana all’Esselunga di Sesto Fiorentino.
Ma guardiamo il Capitano Nemo guatare cupo Ned Land che mangia, al solito modo "austero" e ancora all’oscuro della reale sostanza del cibo, con un coltello a punta stondata. Ascoltiamolo mentre gli chiede se è a conoscenza dell’invenzione della forchetta. Osserviamolo mentre intinge (una persona normale inzuppa, il Capitano Nemo intinge) una scheggia di osso di seppia in una tazza bianca dal contenuto a noi oscuro e successivamente ne versa la sinistra miscela in una coppa di cristallo colma di un liquido color sangue (vino? O in realtà urina di squalo malato alla prostata?).
Ma, soprattutto, notiamo che in mezzo alla tavola c’è un acquario!!! Quale crudeltà costringere dei poveri pesci in una boccia d'acqua salata quando tutt'attorno c'è il mare. E mica sono pesci d'acqua dolce, macché (la coerenza di Nemo ne risulterebbe offesa).
Questa tavola imbandita di morte e di vita è una camera delle meraviglie. Ci si meraviglia di come tanti esseri umani si comportano tutti i giorni come il simpatico Capitano Nemo. Quelli che ridono ai funerali perché il defunto è andato in un mondo migliore; quelli che non potendo bruciare l'eretico hanno inventato l'inferno; quelli che gioiscono degli accidenti e delle malattie del prossimo e del vicino perché sono accidenti e malattie sempre miscelati e pesati dalla Divina Provvidenza e sempre al limite di sopportazione del Giobbe di turno (oltre al dio ortopedico di longhiana memoria esiste anche il dio farmacista?). Insomma quelli: i veri credenti dalla certa fede nella vera religione.

(*) Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari (BUR)

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