venerdì 11 settembre 2009
Una stagione di leggerezza assoluta
Le Grandi Vacanze (1967), capolavoro assoluto di Louis de Funès (quello relativo è Tre uomini in fuga, visto che c’è Bourvil a contenderne il merito), è un’opera d’arte solare e lieve, emblema di una stagione fuori dal tempo, una stagione di leggerezza assoluta. Le Grandi Vacanze è un’opera pittorica dove le cose, le persone, i sentimenti, gli stati d’animo sono tutti risolti sul piano, sulla superficie dello schermo.
Qualche immagine scelta casualmente servirà da illustrazione delle citazioni dalla Breve ma veridica storia della pittura italiana (*), un manuale scritto da Roberto Longhi per i suoi allievi dei Licei Tasso e Visconti di Roma, nel 1914.
Stile lineare
“Quando si voglia, per esempio, esprimere la articolata nervosità di un corpo per mezzo di puro contorno, ecco l’artista imprimere tale vibrazione ondulata alla linea marginale da sintetizzare con essa lo scatto e lo spostamento della materia corperea inclusa nel rigirarsi del contorno, materia che egli non rappresenta e che pure esprime per mezzo di una cosa diversa: la linea. La quale quando come in questo caso abbia per iscopo di esaltare l’energia vibrante del corpo può chiamarsi: linea funzionale.” (*)
Stile plastico
“Non più esprimere il mondo visivo per mezzo delle vibrazioni energetiche o blande della linea funzionale o floreale, anzi esprimere semplicemente la convinzione plastica corporea delle cose: il mezzo non può essere che uno solo: la luce, la quale piovendo sulle cose rappresentate da una fonte determinata, e con certa intensità, sopprime tutti gli scarti analitici della luce reale che, spostandosi, gioca eternamente con le cose, e squadrandole invece in masse nettamente distinte da emergenze di luce e gorghi d’ombra ne accentua il rilievo: quest’accentuazione costante della forma e della corporeità degli oggetti è appunto ciò che dà valore di stile alla visione plastica” (*)
Stile plastico-lineare
“…non è strano che il pittore intento ad esprimere la convinzione plastica – una semplice convinzione di esistenza – delle cose pensi anche ad affermarne il senso organico imprimendo ancora al contorno la vibrazione lineare; la linea che può entrare in campo, qui, è naturalmente la linea funzionale…” (*)
Stile prospettico di forma
“Sentire dei corpi regolarmente appostati in quel cubo di spazio che la tela apre alla nostra visione è già sensazione inizialmente architettonica; ma una volta che in quei corpi vibrì un contorno funzionale noi sentiamo in essi la possibilità del movimento, quindi l’arbitrio di sottrarsi all’imperativo del luogo loro assegnato: come rendere assoluto quell’imperativo, allora? A questo pensa la visione prospettica di forma… " (*)
(*) Roberto Longhi, Breve ma veridica storia della pittura italiana (Sansoni 1988)
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