Il mondo magico (*) di Ernesto de Martino (etnologo e allievo di Benedetto Croce) inaugura nel 1948 la “Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici” dell’Editore Einaudi. Per de Martino l’uomo primitivo è continuamente soggetto al rischio di perdere se stesso e di perdersi nel mondo. E’ interessante notare che per il de Martino del Mondo magico “la realtà, anche quella cosmica, è sempre storica, cioè condizionata dal livello della condizione umana. Così, per esempio, gli spiriti esistono per coloro che partecipano a un mondo magico, ma non possono esistere per gli spiritisti dell’Europa contemporanea, perché la nostra storia interdice l’esistenza oggettiva delle anime dei defunti; per conseguenza è oggettivamente possibile ad uno stregone primitivo parlare con i morti, ma la voce dei morti non può esistere per gli spiritisti moderni” (**). Sembra l’idea per la trama di un film comico. Volendo si potrebbe pensare che l’uomo primitivo, per il de Martino, è come un cane portato al guinzaglio che impaurito, da cause per noi risibili, si libera dal collare e guinzaglio (il debole io del primitivo) e fugge fino a sparire all’orizzonte, sordo ai richiami dell’io, salvo poi tornare, svanita la paura, in cerca del padrone (l’io sapiens-sapiens) e come se nulla fosse stato, come se tutto fosse solo un sogno. La magia allora è come l’amore che lega il cane al padrone, ed è più forte del guinzaglio. Ma questo mio pensiero rende troppa grazia alla stramba teoria di Ernesto de Martino.
Teoria che fu attaccata dal Croce, negatore dell’idea che si potesse “cangiare l’idea stessa del cangiamento”, dell'idea eretica - ma no, siamo tutti amici - che si potesse storicizzare le categorie dello spirito (***). Effettivamente è strano (molto strano) che una presenza debole e sempre sul punto di svenire istericamente possa avere la forza di piegare i cucchiaini del caffè con la sola forza bruta del pensiero (anche perché il caffè non era stato ancora inventato in quei tempi bui; forse la cicoria, ma non il caffè). Comunque, passano gli anni, cangiano le mode (de Martino intanto beve la cicuta) ma nel 1959 Italo Calvino scrive Il cavaliere inesistente, e sembra un plagio del Mondo magico. Vedi il personaggio di Gurdulù che si immedesima nelle cose e negli animali, fino a perdersi nelle cose e negli animali. Mangia la zuppa e diventa la zuppa che mangia Gurdulù. Come in una fiaba, cioè come in un incubo, Gurdulù sarà assegnato come scudiero al cavaliere inesistente. Il medioevo per Calvino “era un’epoca in cui la volontà e l’ostinazione d’esserci, di marcare un’impronta, di fare attrito con tutto ciò che c’è, non veniva usata interamente, dato che molti non se ne facevano nulla […] Poteva pure darsi allora che in un punto questa volontà e coscienza di sé, così diluita, si condensasse, facesse grumo […] e questo grumo, per caso o per istinto, s’imbattesse in un nome e in un casato, come allora ne esistevano spesso di vacanti […] e – soprattutto – in un’armatura vuota, ché senza quella, coi tempi che correvano, anche un uomo che c’è rischia di scomparire, figuriamoci uno che non c’è…” (****).
Pare che anche la leggera scrittura di Calvino porti sulle spalle il fardello dell’idealismo. Nautilus che cambia continuamente casa restando sempre nella stessa casa.
Ed ecco la domanda: ma il nostro beneamato Presidente del Consiglio è reale o è il frutto di una magia? Si risponderà: è l'uno e l'altro, idealisticamente parlando.
(*) E. de Martino, Il mondo magico (U.S. Boringhieri, 1981)
(**) M. Eliade, Scienza, idealismo e fenomeni paranormali (in Il mondo magico)
(***) B. Croce, Intorno al magismo come età storica (in Il mondo magico)
(****) Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, 1959
martedì 8 settembre 2009
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