martedì 29 settembre 2009

Wunderkammer n. 7 (parte prima)

Nel post precedente ho mostrato un esempio di wunderkammer veramente terribile, spaventosa, orripilante, mi scuso con i lettori particolarmente impressionabili e sensibili (non tutti hanno votato per il magico Silvio).
Ho mostrato una... nursery. Un luogo terribilmente sicuro, dove i bernoccoli e le sbucciature e i lividi erano banditi, fuorilegge.
E la connessione che ho proposto nel post era con una visione dell’arte; l’arte come palcoscenico, dove un occulto regista controlla tutto e tutti; dove anche la leggerezza non è mai spontaneità, poiché è priva di casualità.

Quando andavo alla scuola elementare (da alunno, perché ci vanno anche i grandi, e si chiamano maestri o bidelli o applicati di segreteria) mi veniva a prendere tutte le mattine dei giorni feriali, poco dopo l'alba, un disabitato pulmino condotto da un allegro pagano dei mari del Sud, convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili, perché cantava a tutta canna allegre canzonette di San Remo, o forse era solo un autista ‘briaco, non ricordo.
E il pulmino correva e girava e svoltava per strade e sentieri, giù per le valli e su per colline, e intanto raccattava bambini mezzi svegli e mezzi sognanti. E mentre il giorno si faceva sempre più sicuro e certo, e i bambini sempre più svegli e vocianti, il selvaggio al volante pian piano scivolava in un opaco contegno e riserbo esistenzialista.
E in un fatale mattino del mondo (in ogni caso era un mattino feriale) mi misi la cartella sulle ginocchia, come un palcoscenico, e animando le mani in personaggi, mi misi a raccontare storie al mio compagno di fianco, che mi parve gradire lo spettacolino. Che liberazione: io ero sparito, il compagno ascoltava solo la mia voce, guardava solo le mie mani.
Lo spettacolino non era propriamente uno spettacolo esoterico, da iniziati, infatti, il pubblico, giorno dopo giorno, aumentò di numero. Raggiunsi l’apice del successo quando uno spettatore irritato dal casino che facevano davanti si alzò per zittire i compagni. Come sempre succede subito dopo iniziò il declino, insomma finii per avere un bieco imitatore, che tratteneva il suo pubblico con i miei personaggi (e by by al ©).

Premessa dovuta, premessa necessaria – ma non sufficiente, perché il post è appena all’inizio - per introdurre una nuova immagine di wunderkammer (la settima).

Una wunderkammer speciale che ha per soffitto il cielo e per pareti alberi (naturalia) e siepi (artificialia) di un giardino pubblico (i canis solo se condotti al guinzaglio), e un contenitore-schermo-palcoscenico (curiosa), come dire la parte esplosiva di un teatrino di burattini (mirabilia).



L’immagine è presa dal film 3 uomini in fuga (vedi il post sulla spontaneità).

Qualche lettore astioso a questo punto dirà ma insomma per Lei tutto il mondo è una wunderkammer?!? Ma infine cos’è una wunderkammer? La wunderkammer o “camera delle meraviglie” era una stanza dove, a partire dal secolo Cinquecento, si conservavano manufatti, oggetti strani e curiosi e reperti provenienti dai tre regni della natura. Manufatti, oggetti e reperti provenivano da ogni angolo del mondo.
Le pareti della wunderkammer erano tappezzate di scaffali e mensole e armadi e ancora armadietti e pure stipetti, e dall’alto soffitto pendolavano ossa e ossi di bestie antidiluviane.
Una wunderkammer doveva contenere almeno una testa con gambe; strane bestie lumacose fuoriuscenti da seriche conchiglie e il canto di una sirena intrappolato in una conchiglia; piante zoomorfe e facce lunari e ali di pipistrello e creste di drago e code di rospo, un carapace di testuggine marina; dentro un barattolo di caffè Illy i denti incisivi persi a scuola dai bambini in un anno scolastico, piattole e ragni (sia vivi sia morti), erbe aromatiche, erbe medicinali, fiori di Bach; incubi e demoni con ali d’angelo e demoni cinocefali e demoni con proboscide d’elefante; un ornitorinco imbalsamato, la pelle di un tapiro triste, il cranio di un polifemo siculo, innumerevoli pietre del fulmine; la mappa del tesoro di Teodorico, la dentiera di Attila, le foglie della Sibilla, l'arazzo perduto tessuto con i capelli lasciati nel pettine da Cesare; un prisma ottico, tappeti e stracci penduli, vasi Ming e vasi attici, cappelli piramidali, un coniglio nel cilindro, tarocchi e carte da gioco, statuette di Budda di cioccolato, barattoli di miele d'acacia e misteriosi animaletti e pesci degli abissi marini conservati in vasi di vetro colmi di alcool, la testa sotto spirito del Capitano Nemo e universi dentro palle di vetro; rocce zoomorfe, il corno di un unicorno, un ciocorì, macchie di muffa sui muri; una copia autografa della Bibbia e qualche mummia egizia, larve e coleotteri; nere farfalle e maschere polinesiane, verdi colline e balene bianche; polverose uova di emù e di gallina mugellana, uova quadre. E in un angolo oscuro della stanza una piccola folaga polverosa con le ali spiegate in volo; accanto la sedia vuota del custode del tutto...

Nessun commento:

Posta un commento